Dungeonquest ed. Fantasy Flight recensione

La leggenda narra di come un signore dei draghi di nome Kelladra custodisse oro, gioielli e artefatti magici di innata potenza, tesori che aveva razziato nel corso dell’ultima guerra dei draghi. Oggi, sulle rovine di quella che fu una sontuosa roccaforte vi sono le macerie di quattro torri le quali celano l’unica via di accesso al dungeon sottostante di Dragonfire, luogo mistico creato da Kelladra per proteggere le sue ricchezze, attirando sprezzanti avventurieri da ogni parte alla ricerca di fama e gloria. Pochi sono riusciti ad uscire vivi per poterne raccontare le gesta e si dice che al calar del Sole una potente magia sovrasti le mura precludendo la via d’uscita e lasciando alle anime rimaste intrappolate un orribile destino. Kelladra è conscio che quando non ci saranno avventurieri disposti a rischiare la vita nel suo labirinto, potrà dedicarsi alla riconquista del mondo, sicuro che non vi saranno valorosi Eroi a difenderlo.

Bell’intro che ho scritto eh? E’ tornato, è tornato evviva! Uno dei miei primi giochi seri della bella gioventù (con cui ho cominciato a imparare l’inglese) è tornato in auge con una edizione molto ricca e curata, con novità ma bastardissima uguale. I più curiosi potranno sempre leggere la mia recensione pubblicata come di consueto sulla Tana dei Goblins. Il gioco è già finito nelle grinfie dei Coboldi sassolesi con ampio successo, essendo principalmente orientato ad un pubblico immediato a cui piace il fantasy con occhio verso senso di avventura e pericolo e regolamento semplice.

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