recensione Dead Space

 

Attendevo da mesi il giocone che non vedi l’ora di riprendere quando spegni la console. Dead Space rientra magnificamente in questa categoria e senza mezze misure posso dire che ha le potenzialità per venir considerato una tra le perle videoludiche più limpide di questa generazione. L’incipit e il canovaccio le abbiamo viste tante volte dal cinema ai videogiochi (Aliens & Doom 3). Ma quando sono ben amalgamate regalano sempre esperienze forti e coinvolgenti. L’Ishimura, la nave spaziale in cui sfila la storia, è praticamene un mattatoio, il tipico “esperimento” andato storto e noi a scoprirne le cause e cavarci dai guai. Il bestiario offerto è da classico voltastomaco, orribili e disgustosi, non fermarsi sarà dura. Perchè dietro ogni angolo può saltare il sobbalzo o il desolante silenzio. Alcuni sono “telefonatissimi”, ci mancherebbe. I trigger alla Doom han fatto scuola. VM18 senza esclusione di colpi. Resti umani, smembramenti e organismi pulsanti, ambienti malsani di ogni tipo, da gravità zero a fuori negli abissi dello spazio, Dead Space non deve rimanere confinato come horror splatter, un Resident Evil (molto estremo) fantascientifico. E’ una avventura con la A maiuscola curata in ogni pixel, in ogni vibrazione sonora, in ogni capitolo.

Effetti grafici e audio sono calcolati al millimetro per avvolgere il giocatore in ansia e tensione, il resto al suo servizio: la linea che indica la strada (la mappa la useremo saltuariamente) è una chicca inedita e funzionale, così come l’hud e i pannelli olografici (altamente spettacolari), gli indicatori di salute sul retro della suite, i tanti punti di salvataggio e se non bastasse autosave. Per evitare di perdere tempo con le seghe tipiche dei gameplay ostici ma frustranti. No, Dead Space deve sfibrare i nervi mica le palle. E lo farà. Bellissimo. Scopro i poteri cinetici che di riflesso aiutano Isaac Clarke in questo incubo, alcuni non sono originali ma ripeto funzionano nel contesto. Gli oggetti nel negozio e le discrete possibilità di personalizzazione richiamano un tocco rpgistico che male non fa. La replayabilità diventa altissima. Pure il doppiaggio funziona a parte Dario Argento, guest star d’accordo, ma sembra che legga il giornale anzichè interpretare. Ma è una sottigliezza a cui non darete peso. Un vero capolavoro. Qualcuno ha criticato l’assenza del multiplayer, per me grande fortuna: meglio concentrarsi su una campagna in single che lasci il segno. Alcuni un pò di backtracking, ma rivisitare locazioni è un classico nei survival e non è un avanti e indietro continuo. Forse potrei appoggiare un pò di difficoltà negli “incontri ravvicinati” ma in fin dei conti dovete essere bravi per evitare che vi facciano a pezzi. Insomma è multipiattaforma, fatelo vostro. Io torno sulla Ishimura e il disturbante universo di Dead Space..

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