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Time continuum.

Post tremens. Il crogiolo di mondi plasma sensazioni univoche miste a parziali movimentazioni del proprio io. Così mentre la serata scappa tra maree di risate e trame, non posso esumermi dal tentare di catturare tali momenti. Emblemi di posizioni riassunte da una semplice foto su un frammento di tempo e spazio ben definiti. Il fondo di un bicchiere. Colorato, dolce al sapor di zucchero, definito e inesorabilmente giunto al termine per colpa della mia sete insaziabile. Potrei spezzare la regione subliminale dello spazio-tempo, ma quel che resta è solo una fottutissima foto. Il problema, o almeno uno dei tanti problemi, si rivela l’esser completamente a digiuno di qualcuno a cui raccontare e ridere di tutto questo. Ecco, la cosa fa un male cane. Cioè in realtà qualcuno c’è sempre, ma poca arguzia e stimolo. Non esiste niente che possa equilibrare il mio essere sconnesso. Così mi vedo con poche opzioni davanti, consumare e filtrare finchè il fisico regge. Resto lucido, senza effetti collaterali visibili tipo barcollare come Braccio di Ferro pieno di spinaci andati a male. Stanco morto, quello sì. Divorato dalla continuità, schiacciato dalla quotidianità. Ora ho solo bisogno di staccare la spina e dormire, recuperare un briciolo di sistema. Fino alla prossima serata di maree e risate con trame, dove perpetuerà il solito iter. E farò altre semplici foto.

Sonetti in salsa flambè…

Hello Nostalgia. Se credevate di schivare la serata… Pazienza l’avete schivata. Chi doveva schivare, ha schivato. Quindi parlo qui da solo. Sempre solo. Solo solo. Tanto chi mi ascolta? Nessuno. Credo che prima o poi lo specchio mi risponderà dicendo, “la pianti di dire cazzate che segui solo tu?”. Allorchè dopo un attimo di smarrimento, atterrisco e mi chiedo se mai sono effettivamente sano di mente. Ieri c’era il Grillo Parlante. Oggi il proprio specchio che sproloquia frasi attorcigliate senza un nesso conclusivo, a meno che non sei tu l’unico a trovarne un senso. Durante il tempo in cui, nel frattempo, nel tempo in cui, tutto gira. Belle le rose d’autunno, quelle senza le spine che fanno tanto brutto nelle mani. Se stringi si bucano. Eh no eh… Clicco sul videoclip e parte il depression mood. Fuori nebbione, tanto umido, buio e freddo. La nebbia da un lato nasconde il silenzio, dall’altro fa proprio senso di disagio interiore, ne amplifica a tal punto la portata, per cui rimane da dormire, attenuando lo spegnimento. I sogni sono il riparo per l’uomo inerme…

Sperequazione.

Pasturare con una romena la quale ha il moroso potenziale tagliagole, per quanto lei neghi fermamente, è una concreta realtà da valutare. E sarebbe meglio da evitare. Carina, dolce e con l’accento romeno appunto, si rivela ancora buon passatempo e diversivo per due chiacchere, ma finisce lì. Pazienza. Ho ancora carte da giocare, con il rischio di trovarmi a mano scoperta. Il mercato offre uno striminzito sputo di spunti. Al quarto drink di fila, comincio ad elucubrare l’ennesima parafrasi senza scampo. Ho un dente del giudizio dolorante, fortunatamente l’ho anestetizzato. Lascia un retrogusto di dolore che nasconde il quel qualcosa che non va, copiosa, inarrestabile. A meno di tempi brevi, potrei mollare il colpo. Lottare ha senso, ostinazione e perseveranza fintanto vedi uno spiraglio di risultati. Però, c’è un però. Io posso remare contro, Don Chisciotte aveva più successo contro i mulini a vento. Perchè? Occhio, a seguire ovvietà maschiliste risibili.

Sperequazione. Semplice overpopulation maschile in rapporto a quella femminile. Conti alla mano è una guerra persa quasi in partenza. Voi cosa fareste? Con in fila un tot di intraprendenti che vi corteggiano, vi vedreste costretti a fare una scrematura, mentre sotto sotto vi fregate le mani con una ampia gamma di scelta. Già. Essere donne ha i suoi vantaggi, perlomeno sociali. Se voglio trombare, trombo. L’ultimo bidone del rusco che non la smaltirebbe nemmeno una centrale a biomassa, è una questione che non comporta problemi. Qualcosa si trova. Se voglio bere gratis, posso, spesso non c’è bisogno di chiedere. Se voglio farmi scarrozzare, non vedo ostacoli. Posso pure farmi sparare il film preferito mentre l’accompagnatore (abilmente per non farsi sgamare) sbuffa, scroccare cibo e schifezze e non mi devo nemmeno scomodare a chiudere la serata con una fellatio, ancora meno tirare fuori dei soldi, men che meno la passerina. Gliela fò annusare, tanto è sufficiente per riutilizzare il malcapitato, con un SMS, anzi lo contatto via Facebook che non pago. E lo zerbino arriverà puntuale. A malapena ci si può sforzare a muovere un dito, si avranno cumuli di uomini servili. Poi dopo un pò che ci si stufa di alcuni, tranne uno, i quali rimarranno esclusi. Il più carino, o dovrei dire il preferito per chissà quale stack di parametri scelti, svuoterà la sacca. Ma come? Non c’entrava niente fino a 5 minuti prima, manco si era visto. Eppure è così. E’ la stack la chiave di volta, il centro su cui la ruota gira, ove non esiste un vademecum e dove non sono capace di far la differenza. Direte ok però la donna partorisce con dolore, percentuale trascurabile in rapporto ai benefit. Ci penserò quando mi lascio insaccare. Così tutto si riduce a una mera questione di numeri. Statistiche galoppanti. Sarà stata veramente una lista di luoghi comuni? La mia analisi è parto sfasato dettato da stati confusionali? Leggi incontrovertibili. Ma ho la soluzione. Basterebbe un piano dimensionale invertito, una ridistribuzione. Più donne e meno uomini, i numeri diventerebbero meno ostili, le probabilità certe, percentuali meno ostiche. E i discorsi di cui sopra al maschile. Anvedi la comodità? Dovrei migrare nel profondo nord. Ancora una volta ho pisciato fuori dalla tazza, ma giorno dopo giorno maturo proprio l’idea di levarmi dalle palle e cambiare aria.

Gal Agiese

Scrivere di stati malacci. Detrimento dell’essere. Ehi premete play sul video, così avete l’accompagnamento sonoro giusto. Noi qui si pensa a tutto. Dicevo. Ma a cosa servirebbe? A rileggere di come non proietta. Mi si può accusare di tanti errori. Ma se la pezza attaccata, non regge e si stacca c’è poco da biasimare. Io non ho colpe. Faccio divertire, simpatico, battuta pronta e cazzo duro. Da sempre. Probabilmente sbaglio. Dove? Magari una idea ce l’ho. L’interlocutrice ci mette ben poco del suo. Dovrei dire che non ci mette proprio niente, la counterspell war è già morta ancora prima di partire. Le donne di una volta sono state divorate dal debito pubblico. Mentire a se stessi per la risposta. Mettiti in un angolo a bere dei Montenegro fino a scollegarti dalla massa e capire che il Sole gira intorno alla Terra. Evviva il sistema Tolemaico geocentrico. ILLUMINATI! Così si acquisisce un senso, non certo il settimo. I’m destined just to die?

*Gal Agiese è uno dei villain (boss finali) più duri della storia dei videogiochi, al tempo Magician Lord, oggi recuperabile via Collection su disco per Wii (anche nello shop), sul Playstation Network oppure via MAME che fate prima e gratis. Universalmente riconosciuto come il portabandiera della frustrazione e mortificazione del giocatore a tutto campo. Arcade “mangiasoldi”. Se volete qualcosa di veramente tosto, provatelo. Di certo si impara una cosa: perseverare sino ai titoli di coda.

Dipanate della mente uggiosa

Sincopato fluire di coscienza senza frenare le dita sulla tastiera lascerò correre la mente che pian piano sfoglia lo stato di totale confusione per realizzare una spirale di eventi confusi. Parlavo di una prossimità di causa dettata dalla legge che impone di finire con serenità portate di taglieri misti e gustosi vini in cui il Nero d’Avola non tradisce le attese di sposalizi con linguine al pesto sublimi. Non fosse per la pioggia e saluti dati a persone, finiscono pian piano le sigarette e i miei Martini Gold limited edition Dolce & Gabbana. Perchè il bianco era finito. Non va bene, barman, questo è più stopposo del solito. Ti ingolfa proprio dentro. Vado per la mia strada, cambiando locale per locale per locale per locale per locale mentre in realtà ne giro solo tre, i soliti aperti. Con la mente copro grosse distanze, con i piedi sulla terra molto meno, ma ha lo stesso effetto. Soffocare lo spazio razionale per potenziare la distorsione d’insieme. Tutto si avvita mentre sbucano Mary Poppins, il cam caminin e Dick Van Dyke, mi guarda con fare cupissimo. La cosa mi perplime a tal punto che credo di aver varcato la loggia del crepuscolo, nel massimo tasso di profondità. Deve essersi incastrato qualche ingranaggio nel cervello oppure sono a forte rischio di un esaurimento nervoso. L’occhio da fottuto, bisogna uscirne presto. Potrei disquisire per ore su ciò che vedo e assisto. Solo bastarde inutili, di target medio basso. Nego e non nego il negare. Del cuore che piange carne. Del domani non v’è certezza e tutta una sequenza di frasi fatte che mi ripeto in triste litania, senza la forza di un reset. Dovrei mettere un punto e ripartire, abbassando le aspettative come suggerito?

Finalmente Novembre è arrivato con il suo carico di cielo plumbeo. Gira ancora qualche zanzara ma adesso le ammazzi sin con facilità disarmante, stordite dal freddo. La condizione attuale mi porta a generare la solita domanda, che non vi dirò. Niente post rancorosi stamattina. Solo bei ricordi che profumano intensi, sacri, intoccabili.

Aurea mediocritas


The Dark Room by Fabian Perez

Another day has come. La testa è andata da quel pezzo, perdita di massa, e per quanto ovattata e lievemente dolorante trasmette la sensazione di essere in un sogno lucido. Magari. Oggi non potevo trovare locuzione migliore. Vuole dire una ottimale condizione intermedia, non pensate a una aurea di mediocrità, cari pisquani. Ottimo e pessimo. Massimo e Minimo. Rifiuto di ogni eccesso. Moderazione. Genio e sregolatezza sono fuori moda. Lo stile non ripaga. Sistemare il look, via i capelli lunghi, via quel pizzo, comprare vestiti meno ricercati. Moderare il tasso intellettuale, parlare di cagate senza perdersi nella totalità dell’Universo tre volte su due. Basta con gli angoli oscuri della Terra. Reset. Moderare me stesso(???). Significa sostanzialmente fanculizzare il modo in cui sono, che mi contraddistingue dagli altri e rende unici. Ma essere unici, troppo unici, non funziona. Perlomeno in questo contesto, in questa società o semplicemente in ciò che attualmente mi circonda. Chiamata improvvisa di inutile inezia. Il mio orgoglio verrà messo al muro. Ehi. A rileggermi sembra che stavolta un pò di senso ce l’abbia messo!

Overwhelmed by the human mankind.


Endless Dream by christophe vacher

Suona come un dato di fatto. semplicemente un fatto constatabile e incontrovertibile. La caduta nella spirale prosegue senza sbocchi. Nel vortice non ci sono pluralità, curiosamente mi ci annego proprio bene, catalogando di qua e di la. Accumulo perdizione del tempo mista a un frappè di pesche incolori. Ho la vita impegnata. Però troppo impegnata in stronzate butta-via-tempo. Tranquilli, ci darò un taglio. Ma cosa è il tempo? Vorrei immaginare un mare di granelli dentro la clessidra, che fa molto pittoresco. E inevitabile. Almeno tornassero indietro quei cazzo di granellini. Uscire dagli schemi ti circoncide (meglio dire circoscrive), ti isola come l’Isola che ti isola. Vorrei balzare ritroso nel tempo, negli anni della spensieratezza dove le cose andavano bene oppure, luogo comune, si stava meglio. Invece mi trovo bloccato qui, dove piccoli frammenti del mistico tutto sgocciolano via tra le dita, senza che possa trattenerli stringendo i pugni. Attacco discorso ma è troppo dispersivo. Forse una capra ubriaca più di me, almeno apprezzerebbe. Invece no, mi devo confrontare con la pochezza di stile e contenuti generale. Non ce la faccio. Non mi dire di non. Posso attaccare pezza ma “l’interlocutoraggio” è talmente magro e spoglio, che vado in difficoltà. Non si riesce a parlare di nulla. Non mi abbasso al nulla. Saluto il barman, accenno un saluto agli intramontabili amici e vado. Vado a dormire. Un rifugio nel reame del sogno, mi accontento di un piccolo spazio dove finalmente poter trovare di che lenire il default dell’anima in cui attualmente pare restare, senza sussulti. Il telefono non comunica, se mando messaggi, non comunica. Non si legge più niente. Nemmeno una fila di insulti che mi da dello stronzo provocatore. Oppure del pazzo sognatore. Ma almeno era qualcosa, una soddisfazione. Vuoto terribile nero. Corro ad autosprofondarmi nel lettone. Domani si continua!

Il sonno del buio…


Memories by Costas Haritos

Non che… Un pò aspro il cadendo nel caro vuoto. Se mi si dice oltre al fondo del barile c’è ancora qualcosa da raschiare, in verità vi dico rimane ben poco se non dei cocci. Reiette, senza identità, acidume e ben poco di interessante. Zitelle con o senza zavorra di prole, panorami desolanti, caratura intellettuale rasente lo zero, eccetto casi di ignoranza ed egocentrismo, simpatia latrina a cielo aperto. Tardi, forse troppo tardi, le persone cambiano con il tempo o il tempo cambia le persone? Inevitabilmente si finisce per seppellire tutto per dedicarsi ad altro. Ma l’altro cosa è in sostanza? Niente? Ripartire con gli incentivi alla rottamazione? Dovrei cedere per assenza di scelta. Cedere per mancanza di stimoli. Cedere perchè non ne vale la pena. Cedere per colpa di quello che si ha intorno. Over trenta è come un deserto senza nemmeno quella confortevole palma, manco fosse un miraggio sognato. A parte provare a portarsi a casa ciò che offre il mercato, arriva una sonora pernacchia. Un terribile rasoio (di Occam) impone, preciso suggerisce, inutili aggiunte di ipotesi. Girarci in cerchio, soluzione a ben misere soluzioni. Penso penso penso, ma se penso a cosa penso, ha senso. Il domani si ripresenta con un’altro set di occasioni. Ancora? Ma basta, oramai ho messo insieme un buon numero di statistiche… So perfettamente come andrà a finire: perdita di tempo.

Parietale…

Or ora mi sento come l’osso in oggetto. E’ stata una buona giornata, faticosa e ricca di impegno lavorativo. Difficile bypassare la stanchezza, il sabato sera reclama il suo tributo di ritmo. E cinghiale. Sì, ho voglia di mangiare cacciagione, dopo chili di spilucchi e panini imbottiti. Stordito da vino e prosecchi vari, vago nel solito limbo, quello buono e non cattivo fatto dei soliti incazzi generalisti. Mi son detto che troppa negatività annulla i propositi siano essi propositivi che distruttivi.Trasmetto malumore, inevitabile. Triste dentro. Voglio vederla bella, anche se so come andrà a finire. Dopo l’orizzonte degli eventi drinkotici, tutto a puttane, come ogni weekend, essemmesse cattivi, pretese impossibili, idiosincrasia globale. Zero risposte. Paio di tette procaci o sottili per allegro svago, cercasi.

Tempo di incazzi e volontà.

Sì, perchè arriva il momento dei block up, in cui il moltidudinale approccio becero troverà ampi spazi di vedute. Se mi cerchi per giocare con i cowboy, non hai capito un tubo. Se ti cercherò per giocare con i cowboy, non capirai niente a prescindere. Perchè sottovaluti e non capisci a tuo limite. In una funzione semplice azzeri ogni incognita. Distacchi per protezione. Che disappunto! Io sono il master e tu subisci. Senza fiatare. Mi insegnano a giocare subdolo, quando subdolo lo sono già. Mi insegnano a essere selettivo, quando selettivo lo sono già. Mi insegnano a essere un fetido pezzo di inerte ghiaccio distante, quando lo sono già. Mi insegnano a gioire dell’egoismo, quando di egoismo posso solo esserne un vanto. E tu sei la mia sposa dell’egoismo. Difficile superarti. La seconda persona più egoista che conosco. E non cambierò. Cascasse ogni incognita, fino alla fine del tempo. In cui prati di florido colorato plantare vanteranno corsi d’acqua misti a vuoto profondo. Qui è solo un assaggio. Il momento in cui giungerà la vera espressione del disprezzo, sarà così preponderante, che a fatica partorirai un diritto di replica.

Parossismo del nulla.

Penso ad un momento particellare in cui ogni singola fibra smarrisce il vuoto blu. Volevo solo chiederle se mi voleva vedere, amarla ancora una volta. Ma di fronte alla indifferenza, al rifiuto, al rinvio, perdo il colpo e mi chiudo a riccio. Così non scrivo più niente, fanculo l’empatia. Non vorrei mai far perdere del tempo. E non chiedo altro. Avrò sbagliato tutto e forse è solo quello che mi merito. Errori di valutazione. Volevo solo trovare una donna, che almeno mi potesse lanciare un sorriso… Una parola… E non lasciarmi qui a disintegrare il mondo… Sia chiaro, fuori da me anche solo per un istante di disturbarla. Eh, no. E’ troppo splendida per romperle il cazzo. Ti ho succhiato tutto e ho lasciato un vitreo siderale, ti ho demolito talmente tanto, che non hai niente dentro. Lo zero assoluto avrebbe una porzione di calore rilevabile. Un buco universale che stritola ogni ottimismo futuro. Meglio così, magari ne soffrirai. E io con te, ma uno step sopra ne godrò a vederti contorcere. Ho plasmato un mostro. A me hai donato l’amore massimo, che ho usato e consumato fino a lasciarti un livello di puro vuoto, da cui non ne uscirai mai e mai e mai e mai. Vado a buttarmi nel differenziato. E mi seguirai, ever and forever. Ever and forever. Non avrai mai le chiavi che aprono le porte di infiniti orizzonti, perchè ho bruciato ogni singolo atomo del tuo essere. Ed è questo quello che conta. Ti ho annullato, a tal punto che le stringhe dell’universo neanche fanno lo sforzo di piegarsi, perchè otterrebbero fermo costante. Solo freddo glaciale, senza vita nè emozioni, caduta nel grembo dell’oblio. Non riproverai mai quelle emozioni. Nemmeno io. Ma nemmeno tu. Nemmeno tu. Sparisci nella Greatest Eclipse. Il nulla rimane la tua unica strada, dove ti perderai per eoni… Voci che riecheggiano di antichi sapori di labbra unite.

Il vigore roteante del carnale sostentamento.


Path of petals, by Linda Bergkvist.

È differente. Suona in modo strano e confuso. Botte di testa fatte di rock e progressioni già assaporate. Se posso anche solo toccarle i seni in altra occasione potrebbe bastarmi tanto basta. Ma non posso, non mi è concesso. Lei non vuole, non può, cinica realtà. Non si avverte, ancora meno sentire la consistenza in un sogno, resta etereo e fatto di ricordi, che pian piano svaniscono. Si perderanno nel tessuto di polveri cosmiche sbiadite. Il drink reclama il bevuto per tessere ancora una volta l’ingresso dell’oblio, dove il caos della propria anima trova momentanea stasi. L’attimo di mondo reale. Si forma la porta dei campi elisi, annullamento e pace dei sensi, luogo in cui dimorano essenze del perchè. Assaggiare fiele e ninfe degli dei. Eternal drowsiness, il non-sonno. Per discutere, non ci trovi Campanellino, nella candida aurora del mattino. Era solo una fregatura, Peter… Torturaggio. Slavo e allungo di poco il drink, in modo da perdere il meno tempo possibile e preservare il gusto dolciastro. Forse cerco questa condizione, forse si trova qui la risposta alla domanda fondamentale. Loop e controllo, annullato prendo sonno subito. Eldo, che cazzo cerchi veramente? Visto che hai perso l’unica musa, l’ago che equilibrava l’esistenza, ti rimangono autodistruzione e un paio di mosche. Le alternative sono possenti come la forza di un bambino che cerca di stringere il pugno. Forse complesso imperscrutabile per la massa, troppo in là. Scomodo e poco invitante, collassato su un piano in cui si perde ogni possibilità di riallinearsi. Scoprire la reale essenza del cuore, sarebbe solo una perdita di tempo. Vi è poca convenienza in questi tempi, in questa epoca l’amore è precluso ai sognatori. Così rimane una via facile e poco impervia da calcare. Pian piano ce la farai a perderti nel limbo, nel buio, nell’oscura dimensione. E vagherai, vagherai, vagherai… Ripeterai gesti senza fine… A ciò preferisco una teca di ametista viola.