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Opening of Dream…

Sto bene, nessuna distorsione mentale tipica di una serata tigelle+salumi+lambrusco+amari+drink+alcolismo imperterrito. Che forse è ora di darsi una calmata, sei attempato Eldo. Scorza dura non mente ma è ora che la pianti. Dicevamo. Sempre più frattaglie di anima scagliate altrove, legate dal filo invisibile. Ho il suo sorriso che mi rimbalza nella scatola cranica provocando un non so che di sentito calore piacevole, che ribadiamolo credevo smarrito. La pallina del flipper che non riesco mai a controllare. Dopo qualche mese di qualsivoglia encefalogramma piatto, butto la testa là fuori. E forse il destino mi ha sorriso. Forse mi sbaglio. Ma è come se la conoscessi da un pezzo. Non sbaglia. Nemmeno una mia battuta tesa a trarla in trappola, meglio semplice studio personale, frutto di pieghevoli mutazioni temporali in cui casco, un modus operandi atipico per verificare quanto di sostanza ci sia dentro. Non vi è retorica. So solo una cosa. Se attacco questo brano, con il mio veleno disgraziatamente alcolico nella mano destra e una sigaretta nella sinistra me la trovo davanti speculare. Con il drink alla sinistra e la sigaretta alla destra. Oppure no ma chi se ne frega. Non direbbe un cazzo di niente. Ma si limiterebbe solo ad ascoltare. Con gli occhi chiusi. Perchè ha fame di cose belle, cannibalizza sapori, odori, colori. Possibilmente con un Martini bianco e un sacco di olive… Snocciolate, preciso, se possibile.

emergency on planet mind…

Ok sono qui stemperato dal mondo per non pensare. Ce l’ho la tipa che mi scula davanti, sinuosa e provocante ma non mi tocca, come mai? È bastato un set delle parole di questa particolare donna per rapirmi. E le altre si annullano e sapete perchè? Perchè è troppo troppa. Lei lo sa. Io lo so. Me la stringo al posto del mio cuscino. È una bischera piena di finestre colorate. E un domani le potrò dire di non cambiare perchè la voglio come un mare di perle deliziose… Lei lo sa. Io lo so. Ciò che passa di fuori ahimè sono cazzi che non vi riguardano.

Love this way…

Next to be. Awareness. Potrei aver sbagliato e commesso un mare di cazzate talmente ampio, che non vi è rimedio. In realtà il rimedio c’è. Accettare, pensare che l’Eldo è fondamentalmente questo e senza speranze, attivando quel senso di coscienza dove se mettiamo da parte i difetti, qualcosa di buono spunta. L’accettare il blocco, senza sconti, senza pezzi preferiti. E forse superare il chaos interdimensionale fatto di fegati corrotti dall’alcohol e dal rimorso di non aver fatto abbastanza, nella porzione cerebrale ancora funzionante. Affogherò nella spirale buia e senza uscita. Ok, me lo devo meritare. Se mai mi si vorrà tirare fuori, potrò offrire una migliore possibilità. Altrimenti accetterò il verdetto della giuria e mollerò. Direi anche le attuali pagine deserte. Poi dove andrò a parare, quello resta un altro discorso.

Time continuum.

Post tremens. Il crogiolo di mondi plasma sensazioni univoche miste a parziali movimentazioni del proprio io. Così mentre la serata scappa tra maree di risate e trame, non posso esumermi dal tentare di catturare tali momenti. Emblemi di posizioni riassunte da una semplice foto su un frammento di tempo e spazio ben definiti. Il fondo di un bicchiere. Colorato, dolce al sapor di zucchero, definito e inesorabilmente giunto al termine per colpa della mia sete insaziabile. Potrei spezzare la regione subliminale dello spazio-tempo, ma quel che resta è solo una fottutissima foto. Il problema, o almeno uno dei tanti problemi, si rivela l’esser completamente a digiuno di qualcuno a cui raccontare e ridere di tutto questo. Ecco, la cosa fa un male cane. Cioè in realtà qualcuno c’è sempre, ma poca arguzia e stimolo. Non esiste niente che possa equilibrare il mio essere sconnesso. Così mi vedo con poche opzioni davanti, consumare e filtrare finchè il fisico regge. Resto lucido, senza effetti collaterali visibili tipo barcollare come Braccio di Ferro pieno di spinaci andati a male. Stanco morto, quello sì. Divorato dalla continuità, schiacciato dalla quotidianità. Ora ho solo bisogno di staccare la spina e dormire, recuperare un briciolo di sistema. Fino alla prossima serata di maree e risate con trame, dove perpetuerà il solito iter. E farò altre semplici foto.

Overwhelmed by the human mankind.


Endless Dream by christophe vacher

Suona come un dato di fatto. semplicemente un fatto constatabile e incontrovertibile. La caduta nella spirale prosegue senza sbocchi. Nel vortice non ci sono pluralità, curiosamente mi ci annego proprio bene, catalogando di qua e di la. Accumulo perdizione del tempo mista a un frappè di pesche incolori. Ho la vita impegnata. Però troppo impegnata in stronzate butta-via-tempo. Tranquilli, ci darò un taglio. Ma cosa è il tempo? Vorrei immaginare un mare di granelli dentro la clessidra, che fa molto pittoresco. E inevitabile. Almeno tornassero indietro quei cazzo di granellini. Uscire dagli schemi ti circoncide (meglio dire circoscrive), ti isola come l’Isola che ti isola. Vorrei balzare ritroso nel tempo, negli anni della spensieratezza dove le cose andavano bene oppure, luogo comune, si stava meglio. Invece mi trovo bloccato qui, dove piccoli frammenti del mistico tutto sgocciolano via tra le dita, senza che possa trattenerli stringendo i pugni. Attacco discorso ma è troppo dispersivo. Forse una capra ubriaca più di me, almeno apprezzerebbe. Invece no, mi devo confrontare con la pochezza di stile e contenuti generale. Non ce la faccio. Non mi dire di non. Posso attaccare pezza ma “l’interlocutoraggio” è talmente magro e spoglio, che vado in difficoltà. Non si riesce a parlare di nulla. Non mi abbasso al nulla. Saluto il barman, accenno un saluto agli intramontabili amici e vado. Vado a dormire. Un rifugio nel reame del sogno, mi accontento di un piccolo spazio dove finalmente poter trovare di che lenire il default dell’anima in cui attualmente pare restare, senza sussulti. Il telefono non comunica, se mando messaggi, non comunica. Non si legge più niente. Nemmeno una fila di insulti che mi da dello stronzo provocatore. Oppure del pazzo sognatore. Ma almeno era qualcosa, una soddisfazione. Vuoto terribile nero. Corro ad autosprofondarmi nel lettone. Domani si continua!

La camminata dell’uomo stanco sul lago di petra.

Ok, vaffanculo. Ancora una volta in preda a uno psicotico delirio mi ritrovo a dover postare un video degli eterni Whispers. E qualche stronzo di voi coglierà una certa somiglianza con una canzone di Will Smith. Nessun problema, voi mi visitate apposta per cogliere queste perle, se si tratta di musica non sono l’ultimo arrivato. Stasera è passata una serata invitante e succosa gastronomicamente ma piuttosto scialba e inutile come relazioni extrapersonali. Essendo in status di singol latente (in realtà lo eravamo praticamente tutti), qualche amico propone e si cerca di compensare con qualche donnina. Le cose non sono andate come previsto. A un certo punto mi hanno dovuto staccare da una bottiglia di Martini Bianco che tittavo a rotta di collo mentre farfugliavo i neutrini della Gelmini. Uno spettacolo disonorevole. Non avevo molta scelta, quei due proiettili di gnocche disponibili si sono rivelate una pressocchè totale debacle. Se anche solo per un attimo potevo immaginare che l’attuale panorama collettivo over 30 femminile fosse sull’orlo del baratro, la situazione non butta bene, ti rendi conto di come sia devastante. Questa pare la media delle fighe attuali, mi rifugio nell’onanismo. Liscie come barbabietole, senza mordente come una colla acrilica scaduta. Non posso nemmeno provarci con la mia estetista. Fossero almeno come lei, mi divertirei, non necessariamente scoparla e basta. Almeno collego il cervello e mi diverto a sentire i perchè sul senso della vita. Primo le donne che mi interessano hanno SEMPRE il moroso, mediamente un IMBECILLE. Devo diventare un coglione per beccare qualcosa?!?! Secondo provo una perdita di tempo che scolorirebbe un triskelion su marmo antico. Ma io che cazzo sono qui a fare? Posso buttarmi a mare su delle aragoste con aghi di pino? Proietto una divagazione poetica. Il lastricato di perle fissava ignobile e senza sussulto, il povero uomo. Sentiva che il cielo grattava il caduco fluire di sassi inermi. Potevo solo chiedere il perchè di tali sensazioni, mentre avidamente gustavo del vermouth per bypassare la sofferenza interiore. Non trovo una via di fuga, mi sento come sospeso e intrappolato. Vedo una empasse senza filtro e senza uscita. Se mi chiedete come mi sento, non ne voglio parlare. Sarebbe deprimente. Mi voglio rifugiare nella disco music per non uscirne mai più! Come ballerino non me la cavo malaccio. Forse avrei qualche possibilità, sai lo strusciare una volta funzionava. Una consolazione però c’è. Continuano a darmi un tot di anni in meno di quelli che ho. Si dice che chi ama profondamente non invecchia mai. Forse una mia fetta di vita ha avuto un profondo rallentamento. Ne sono convinto.

Vorrei amarti per sempre…

E in quell’istante impercettibile che abbozzai un sorriso dal sapore agrodolce… Sarebbe stato impossibile, lo sapeva pure lei. Dritto come una freccia, non me lo sarei mai aspettato. Sorpreso ancora una volta. Le strade della vita si diramano troppo distanti e diverse. Tornare indietro non si può. Sensazioni curiose macinano le notti. Oramai è andata, per non fare più ritorno. Poteva avermi sempre a comando, nell’ombra sono rimasto. Ma sapete, i tanti impegni, liste d’attesa interminabili, amici da salutare, per me non ha lasciato molto spazio. Nemmeno un mese è stato sufficiente. Così è sfumata ogni occasione, anche solo vederla l’ultima volta, nemmeno l’ultima cena offerta, distesa, con le risate e la serenità di un tempo e l’immancabile cinevisione. Il manto onirico avvolge a sè, lasciando intatti i ricordi e l’unica costante del come rimanga colpa mia, in ogni occasione. Chissà se un domani si prenderà almeno una volta le sue responsabilità. Worst ending…

Il vigore roteante del carnale sostentamento.


Path of petals, by Linda Bergkvist.

È differente. Suona in modo strano e confuso. Botte di testa fatte di rock e progressioni già assaporate. Se posso anche solo toccarle i seni in altra occasione potrebbe bastarmi tanto basta. Ma non posso, non mi è concesso. Lei non vuole, non può, cinica realtà. Non si avverte, ancora meno sentire la consistenza in un sogno, resta etereo e fatto di ricordi, che pian piano svaniscono. Si perderanno nel tessuto di polveri cosmiche sbiadite. Il drink reclama il bevuto per tessere ancora una volta l’ingresso dell’oblio, dove il caos della propria anima trova momentanea stasi. L’attimo di mondo reale. Si forma la porta dei campi elisi, annullamento e pace dei sensi, luogo in cui dimorano essenze del perchè. Assaggiare fiele e ninfe degli dei. Eternal drowsiness, il non-sonno. Per discutere, non ci trovi Campanellino, nella candida aurora del mattino. Era solo una fregatura, Peter… Torturaggio. Slavo e allungo di poco il drink, in modo da perdere il meno tempo possibile e preservare il gusto dolciastro. Forse cerco questa condizione, forse si trova qui la risposta alla domanda fondamentale. Loop e controllo, annullato prendo sonno subito. Eldo, che cazzo cerchi veramente? Visto che hai perso l’unica musa, l’ago che equilibrava l’esistenza, ti rimangono autodistruzione e un paio di mosche. Le alternative sono possenti come la forza di un bambino che cerca di stringere il pugno. Forse complesso imperscrutabile per la massa, troppo in là. Scomodo e poco invitante, collassato su un piano in cui si perde ogni possibilità di riallinearsi. Scoprire la reale essenza del cuore, sarebbe solo una perdita di tempo. Vi è poca convenienza in questi tempi, in questa epoca l’amore è precluso ai sognatori. Così rimane una via facile e poco impervia da calcare. Pian piano ce la farai a perderti nel limbo, nel buio, nell’oscura dimensione. E vagherai, vagherai, vagherai… Ripeterai gesti senza fine… A ciò preferisco una teca di ametista viola.

Messaggio escatologico all’umanità dall’alterità.

Bip. Bip. Bip.
Before a time, sposto una cassa di faggio. Ma al momento l’unica cosa che riesco a fare è mettermi a sedere. Voglio mettermi qui, a perdere quel poco di vita sociale rimasta. Voglio escludermi del tutto. Taglierò ritmi e presenze. Rimarrò nell’angolo chiuso a ripescare ricordi sempre più sbiaditi ma forti nel cuore. Ripeterò all’infinito pensieri ed emozioni, quando guiderò la macchina, quando berrò il mio drink finito, quando sarò nell’angolo da solo in mezzo al chiasso finto. Chi saprà raccogliere la chiave sotto il tappeto, sentirà l’odore delle foglie fresche d’autunno. Allora capirò di avere tra le mani la cosa giusta, quella che fa vibrare. La cinica realtà però busserà alla porta. Quello che cerchi non esiste, sveglia. E non esisterà mai. Buona notte e buona fortuna. Ne avrai bisogno, vecchio mio… Nostromo alla deriva… Senti freddo? Arti scollegati, sensazioni incolori, neuroni scollegati pure loro, pensieri frattali spalmati sulla porta del tempo. Paga il conto. Salda l’infinito. Vecchio, povero uomo. Volevo il tuo corpo. Volevo la tua mente… Ma sono terribilmente stanco. Quanto sei realmente compromesso, amico mio? Bambino oggi. Spento domani. Disattivato, Game Over.
Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Bip…

Nido di vespe


Quickening at Saraste, by Kirsi Salonen

Tardi. Molto tardi. Ne volevo finir di bere solo uno, poi ne ho trovato un’altro, un’altro, un’altro e infine un altro, d’altro. E così caddi in un nido di vespe. Ho solo in mano la voglia di rimanere fermo ad ascoltare quel turbine di pensieri, dei quali l’unica cosa saggia resta lasciarli andare, così da non erodere l’integrità. Stavolta non ho in mano parole da scrivere qui. Una piccola misura di pace, che spazza la foresta di nebbia. Meglio andarsene. E il luccichio rinascerà dalle ceneri dello spazio per lasciare il posto alla contrazione di empia dimensione. Il treno passa, hai un solo tentativo, quello giusto. Se ne presenteranno altri, ma rimarranno diversi. Corri e pensi di averlo preso, in realtà no. L’illusione dell’uscita. Ogni scelta è unica e inevitabilmente, senza ritorno. Lasciando sempre un eco, una memoria, come l’odore di bruciato che permea la cucina, dopo essersi dimenticati qualcosa di importante sul fuoco… Aspetta che arrivi la consapevolezza…

Le dinamiche espansioni del subconscio


Spoiled by Enalya, by Linda Bergkvist

A volte scorri alcune pagine di memoria recondite ed insite nel profondo dell’anima. Quasi una sorta di catalogazione necessaria, autoanalisi, per trascorrere qualche minuto e rendersi conto di quanto si è realizzato negli anni passati. Sapete, il tirare le somme. In stati alterati, la mente viaggia e viaggia e purtroppo si realizza come le immagini si fanno sempre sfocate e impercettibili. I ricordi si stratificano, sembra, in realtà diventa sempre più difficile ritrovarli. Come un elastico che man mano perde l’effetto memoria. E’ un ragionamento faceto, se mi consentite. Normalmente ci si comporta senza squilibri di nessun tipo, senza infrangere le regole. Lasciarsi andare nel tritacarne della quotidianità. Serate con amici, sbornie da paura. Basta poco, oltrepassare che ne so quale limite ed ecco, voilà, la frittata si combina e si spera di ricomporla il giorno dopo. Le uova tornano dentro il guscio, lasciando fuori qualcosa. Un rewind. E quel qualcosa, inevitabilmente, pian piano svanisce. Come i ricordi. Possiamo rinchiudere con forza ciò che è stato, volendolo dimenticare, ma ciò non è possibile. Siamo quel che siamo grazie al passato. La vita impone solo delle scelte. Dolorose o meno, poco importa. Sono scelte. Diramazioni delle nostre piccole e miserabili vite che portano a ulteriori diramazioni e forse intrecci. Cosa sarebbe successo se ci si fosse spinti in là? Ciò che è giusto o sbagliato, lo giudichiamo in un arco temporale soggettivo. Per mancare, lei manca. Il vuoto non si riempe. Il vuoto non è a rendere…