Bayonetta? You’re a Mistery…

Dico fin da adesso che non ho inchiodato Bayonetta nella tradizionale settimana che si impiega per finire un gioco nei giorni nostri. Da Gennaio si può dire che me la sono presa con calma. Molta calma. A rigor di logica e procedendo con cautela non sempre si dimensiona un gioco sotto gli occhi, ci vuole pazienza e perseveranza. Alla fine sì, Bayonetta è un capolavoro. Non lo dico io che magari ho preso una cantonata, povero rincoglionito che sono, ma visto come va tanto di moda affidarsi a terzi di questi tempi, allora te lo dice pure Metacritic. O il fottuto 40/40 di Famitsu che dal 1986 fino ad oggi nella carriera editoriale ne ha rifilati solo 13. Perchè? Semplice. Esagerato concentrato di gameplay, tamarraggine, action, Japan Pop, carisma, rigiocabilità, bonus sbloccabili, omaggio ai classici Sega. Trasuda essenza giapponese da ogni poro. I creatori di Devil May Cry hanno sopraelevato il genere a cui apparteneva Dante in un piano dimensionale di assoluta eccellenza. Chi non ha colto non capisce un cazzo di videogiochi. Punto. Il sistema di combo è sovraumano a tal punto che chi afferma di andare avanti schiacciando un solo tasto mi fa scuotere la testa. Probabilmente non lo si ha giocato, forse nemmeno quel che basta per capirlo o peggio lo si è provato a livello di difficoltà mongoplegico, allora darei ragione perchè il computer ti completa le combo. Ma allora cazzo giochi a fare? Non proprio, direi che per passare anche il più scarso dei boss premendo solo Y a livello gnocco non vai lontano comunque. E qui occorre annodarsi le dita per saltarci fuori. Ma Bayonetta è altro. C’è una bella storia, tanti livelli, alcuni veramente bizzarri e fuori di testa che letteralmente ti ribaltano l’orizzonte a tal punto che non ci campani più un tubo. Vedersi un livello in puro stile Space Harrier non ha prezzo (dopo un paio di omaggi a Out Run). Cosucce da retrogamer… Pure l’allusione verso la fine quando si crede che i giochi sono finiti, si rende necessario un rewind dei titoli di coda. Non c’è bisogno di duecentomila quick time event per fare le cose in grande. Basta la profondità, il numero di oggetti e armi da smottamento mascellare tante le possibilità si snodano di fronte agli occhi. Ti rendi conto che forse andare avanti a colpi di Shuraba non è sufficiente. Nemmeno pattinare sul ghiaccio (eggià, sblocca i pattini e te ne accorgi) o dei bazooka legati alle caviglie. Ma la cosa più interessante rimane che non te lo spari al primo colpo, una volta finito puoi andare avanti rigiocando i livelli, guadagnare denaro e sbloccare roba, tanta che ti chiedi quanto tempo ti ci vorrà. E magari sei così pazzo da tentarlo a difficoltà climax. Con scioltezza, come un tempo in cui si chiedeva al giocatore di non rimanere ebetito davanti allo schermo ma spronaoto a migliorarsi. Al diavolo il bon ton davanti al joypad, se sei abbastanza abile te ne puoi fregare e migliorare i tuoi record con quello che hai. Se ci riesci. Sicuramente sei un giapponese, in tal caso, per natura portato per le sfide impossibili. Del resto solo dei giapponesi ti potevano infilare a fine partita dei titoli di coda come questi…

In other words, i love you…

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