Ken il Guerriero: La leggenda di Hokuto.


La Leggenda di Raoh: Martiri dell’Amore

Sarebbe stato un imperdonabile erorre lasciarsi sfuggire la possibilità di vedere al cinema il lungometraggio di uno tra i personaggi più famosi dei “cartoni” animati anni ’80. Kenshiro è entrato prepotentemente nel collettivo all’epoca con la sua storia fatta di ideali, onore, sangue, violenza, arti marziali, corpi esplosi, personaggi enormi e cattivissimi. La Leggenda di Hokuto però non è una trasposizione pari pari della vicenda come la conosciamo, quanto un salto diretto alla saga della Piramide del Sacro Imperatore, incentrandosi sulla figura di Raoul, il maggiore dei tre fratelli di Hokuto e le motivazioni che spingono il Re alla guerra per conquistare il mondo e fondare un nuovo ordine. Un cambio di prospettiva importante per infondere nuova linfa alla serie apparsa 25 anni fa. L’introduzione di personaggi inediti come Reina (scomodato Tsukasa Hojo, City Hunter, per l’occasione) ben si integrano nella storyline ma per ovvi motivi di tempo (90 minuti) gli sceneggiatori hanno dovuto comprimere (sembra di guardare il film con il fast-forward) e togliere di mezzo elementi più o meno importanti che possono lasciar spaesati chi non ha la visione complessiva (manga, serie TV) del mondo post atomico di Buronson e Hara. L’anime originale costruito attraverso tanti episodi, unico meccanismo in grado di dare profondità psicologica e meticolosità agli eventi, possono rendere a prima vista “La leggenda” sbrigativo e monco ma ricordiamoci che è il primo di una pentalogia. Il posto per Shin, Julia, la genesi di Ken e molto altro troveranno sicuro spazio in futuro e solo al termine avremo una soddisfacente visione d’insieme. Caratteristica fondamentale la riflessione dei dialoghi piuttosto che il lato puramente gore e truculento (sapientemente dosati), scelta giusta per renderlo godibile e non una sequela di combattimenti, uattattà inutili e alla lunga noiosi. Tranquilli, non mancheranno le celebri frasi alla “sei già morto ma non lo sai” oppure i post-punk schicciati dagli zoccoli di Re Nero, qui elevati a puro omaggio per i fan storici. Come animazione restiamo su altissimi livelli, il look è stato aggiornato (passa un Raoul con capelli bianco platino?) pur restando fedele al classico. Punto di vista eccepibile, compresa la BGM (background music) non invasiva in grado di sostenere i momenti salienti (chicca per gli appassionati lo spolvero di YOU HA SHOCK, tema originale della prima serie), doppiaggio italiano professionale e ben adattato. Lode quindi a Yamato Video e Mikado Film, già coraggiosi nel portare sul grande schermo il celebre Castello di Cagliostro e tentare così di uscire dai soliti Miyazaki, Satoshi Kon, Rin Taro, nomi di garanzia ma piccoli spot di fronte all’enorme produzione animata giapponese. Una politica che fortunatamente trova riscontro in termini di incassi tanto da portare al cinema anche i restanti episodi. Evviva!

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