Manifesto dell’Untosità Emiliana.


L’accogliente ingresso.

In occasione del Cenone Olimpico, si torna in quel di Regnano, a Cà Bertacchi, alla corte della Trattoria del Cacciatore. Seguendo il Tom Tom della Puttana, siamo capitati in posti che nemmeno immaginavamo l’esistenza (Telarolo?!?) ma l’avanscoperta ha permesso di scoprire un paio di posti ristoratori come La Babbiona a Montebabbio, i Giova’s dovranno porre rimedio. Meno freddo e meno ventoso della volta scorsa ma sempre sferzante nelle temperature, finalmente l’accogliente locale apre le tavolate a 32 affamati lupi Rotegliesi d’Onore, guidati dalla voglia di Unto più che celebrare l’Olimpia e fare due chiacchere sui fischi a quel cane di Balotelli o le dichiarazioni di Zamparini, salutare il Serri che a breve partirà per Cuneo. Filosofeggiando con il Ser Tone, siamo arrivati alla conclusione che la nostra tipica cucina sarà contadina e robusta, ma comunque votata all’affinamento del grasso animale elevato a indiscusso protagonista, precisamente Porco, Cinghiale e Capriolo. Non ai livelli di Mortadella o Salsiccia Fritta ma seguendo un solo credo: mai lasciare indietro il più buono. Spingere sempre sul colesterolo, una cucina che ogni fegato sano aborra e se potesse staccarsi dal corpo lo farebbe. Nella sostanza un forestiero si disgusta se si succhia l’unghia del Maiale, un Emiliano DOC no, ne vuole avidamente.
Siamo letteralmente il terrore per queste comunità di animali ma qualcuno dovrà tenerne a bada il numero se non ci pensa quella Madre della Natura…

Niente affabili vini Toscani, Siciliani o Piemontesi. Qui si va solo a Lambrusco, o meglio dire A’ Lambròsc. Siamo unici detentori di un vino frizzante come la Coca Cola, sebbene si preferisca l’amabile e leggermente bollicinoso. In realtà il Lambrusco è un colorante legalizzato e il Tirelli ne è una prova, ancor più del pregiato Campanone. Puoi diluirlo quanto vuoi ma non cambia colore. Tintura di Iodio? No mosto fermentato, i giovani sono avvisati: dite addio al bianco dei denti e preparatevi alla “Caccona Nera” del giorno dopo… Se il grasso unge, niente di meglio del Lambrusco (in grandi quantità) per sturare le arterie e prevenire infarti.

La partenza non è stata esaltante. La Lasagna si è rivelata gustosa e importante, ma non calda a dovere e comunque ricca di olio residuo e pesantezze tipiche “Alla Pupa“, con lieve gusto rancido pannoso. Poco importa, la fame era tanta.

Inaspettatamente i tortelloni burro/salvia e zucca sono stati un flop, probabilmente peggio della volta scorsa, ancora pastosi, poco incisivi. Da evitare in futuro.

Le sorti si raddrizzano fortunatamente con i Cappelletti in Brodo, evidentemente la preparazione è affidata a mani sapienti e abili (nonchè anziane) e si sente. Corposo e delicato allo stesso tempo, non eccessivamente bollente il brodo esalta le qualità della pasta artigianale e il ripieno.

Ma ecco perchè la trattoria si chiama del Cacciatore. Quando si passa alla polenta e carne di Capriolo/Cinghiale in umido, allora Dio Esiste. Ed è Emiliano. Era previsto il coniglio ma il Capriolo ha provvidenzialmente sostituito il mangiacarote per eccellenza, elevandosi a caratura semplicemente spettacolare: niente odore di selvatico, morbidissimo, untosissimo. Volevamo raschiare con il pane il fondo di quella pentola che per ore aveva smaltito e ammorbidito le carcasse delle bestie interessate, non è stato possibile.

Appena il tempo per riprendere fiato che arriva Sua Maestà La Zampa accompagnato da fagioli e patate al forno. Indubbiamente i piatti forti sono i secondi, in futuro meglio puntare direttamente a questa porzione di cena o tentare la via dei Funghi.


DoX se la vede male.


Diego approva, il grasso unge le condutture. Al prossimo giro proveremo a portarci da casa dei panetti di burro per appesantire ulteriormente.

Infine i dolci amari e caffè chiudono come tradizione. Da menzione la torta di ricotta e frutti di bosco, su cui il Girbi ha mostrato la reale natura del suo essere, tanto da assaltare i piatti vicini per colmare la voglia. Una fame chimica efficace per il Redondo della Stria.

Tutto sembra essere troppo politically correct e decisamente poco Roteglia. A parte la mezz’ora per prendere l’ordine dei dolci, vari cori da stadio sconci per le onnipresenti cameriere, scatta il momento decisamente molto Roteglia: La Torre di Montenegro (vuota).

Partendo da uno spunto dello Zione, l’estro creativo architettonico del Ginnico e del neo assunto in Kerakoll Giova, è andato contro ogni legge fisica, nemmeno il CalatravAe avrebbe osato fottersene così tanto della gravità.

Poi ovviamente ha preso piede il degenero, sprezzanti del pericolo.

Qualcuno prevedendo la catastrofe comincia ad andaresene, pochi attimi di compiacimento…

…prima del fragoroso (e meritato) finale. A fronte di un incredulo e incazzato gestore accorso dopo il silenzio subentrato alla goliardica confusione, Giova ha lanciato l’ennesima richiesta, visto che con la Sacher era andata male: “Ora possiamo fumare dentro?”.

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