StarCraft II: Wings of Liberty

 

Dunque da dove comincio? Qualche cifra. Al lancio sono stati venduti circa due milioni di pezzi, tra scatolati e download digitali, dati senza la Sud Corea dove è considerato uno e-sport nazionale con tutto quello che ne consegue (circa la metà del venduto arriverà da lì). Il record lo detiene Wraith of the Lich King, espansione per World of Warcraft, con 2.5 milioni, vedremo nei prossimi giorni se sarà battuto. Su tale onda si possono stimare 5/6 milioni di unità piazzate entro fine anno. Perchè tutto questo? In pratica stiamo parlando di uno dei fenomeni videoludici più attesi di tutti i tempi, un pò come non si vedeva da tanti anni a questa parte, oramai rimasti sui libri di storia. Un pò per essere su PC/Mac e la rivincita di queste piattaforme che godono di ottima salute se controlliamo i volumi di vendita di Steam (in pratica l’iTunes dei videogiochi), alla faccia di chi le dava defunte per il gaming. Mi sono preso il dovuto tempo in questa settimana passata dal day one. Una settimana fatta di sessioni generalmente in lungo e in largo, online e non, ma ci vorrebbero settimane di gioco per comprendere la complessità di questo ritorno sulle scene e coglierne ogni particolare. In primo la cura maniacale che da sempre contraddistingue Blizzard dal resto della massa, con piccole perle incastonate nella memoria storica dell’RTS più venduto e giocato di tutti i tempi. Gli omaggi in effetti si sprecano, non solo nei suoni o in celeberrime frasi (You want a piece of me, boy?), ma pure alla produzione interna della casa califroniana, nel bar della nave si può giocare a un coinop (sì un arcade da bar, nello specifico uno shooter a scorrimento) chiamato The Lost Viking, in omaggio a uno dei tanti progetti mai conclusi. Oppure in missione un ghost di nome Nova, spinoff di Starcraft originale previsto e poi accantonato. Oppure nelle news di intermezzo la pubblicità del nuovo album di un Tauren che suona heavy metal (e qui si omaggia WoW). Insomma lasciandosi alle spalle tali chicche, la campagna in singolo è spettacolare, forte di un background sul quale poggia un assetto classico nella narrazione di fantascienza, con i suoi colpi di scena e il resto, cesellato e solido nel dipanarsi. Picchi di vera emozione nelle vicende di un Raynor consumato dalla responsabilità per la perdita di Kerrigan, e la profondità di ogni membro dell’equipaggio della nave ribelle. La campagna dura 29 (in realtà 26) missioni tutte diverse nel gameplay, non solo classiche come proteggere/scortare, ma fare a gara sul raccogliere risorse oppure andare ad epurare una colonia possibilmente di giorno (sì ci sono spunti di rotazione giorno/notte), evitare ondate di lava. Inedito la possibilità di affrontarle in ordine a discrezione del giocatore, in grado con le sue scelte (in tre casi) di virare la trama e garantire la rigiocabilità futura. Totale gestione a libero arbitrio di come investire nei potenziamenti, acquistabili missione dopo missione per dare maggiore impronta al proprio stile di gioco. Inutile nascondere la possibilità commerciale di splittare in tre giochi l’universo di StarCraft, oggi i Terran (e 4 missioni con i Protoss), domani gli Zerg e poi i Protoss, uno dei pochi appigli agli “haters” sempre presenti ed invidiosi, quando i loro RTS considerati tatticamente superiori hanno i server di gioco deserti… Ma se serve per dare quanta più potenza narrativa possibile, aspetteremo. Veniamo all’aspetto principale, il gruppo delle meccaniche che muovono StarCraft II sono nella maggior parte delle critiche ferme da dieci anni su ogni livello. Il battlefield è inchiodato nella sua isometria, il gameplay fatto di shortcut con la tastiera e microgestione dell’arsenale a disposizione a velocità umanamente folli e spesso da fare in maniera inconscia/automatica. Nessuna novità se si vuole giocare competitivi (e comunque rimane modulabile nella difficoltà), StarCraft ha uno stile old ma che ma non si tocca. E’ frenetico, è macchinoso, essenziale. All’apparenza senza strategie o tattiche. Niente di più errato, i più accorti sanno che solo la disposizione della base in maniera errata, ad esempio lontana fa la differenza siccome i lavoratori percorrono molta distanza nel raccogliere e portare. E il low-rate sulle risorse lo paghi sulla distanza nei confronti dell’avversario. Limatura e bilanciamento con tre razze fin da subito, con unità che hanno maggiori bonus di attacco contro unità meccaniche piuttosto che biologiche. Non a caso i più bravi non vanno in giro con un gruppo miscelato cliccando su un punto X ma dividono in gruppi ciò che hanno a disposizione e seguono meticolosamente cosa effettivamente fanno le truppe, non si limitano a portarle davanti a quelle avversarie. Basta concentrarsi su cosa colpire che è già una differenza. StarCraft II va immaginato come gli Scacchi, facile da apprendere, duro da addomesticare. Molto duro. In multyplayer ovviamente le cose si fanno interessanti, tra leghe e quick match, con decine di mappe e una community messa al lavoro grazie all’editor mappe (abnorme), fanno di StarCraft II l’ideale compagno di gioco per i prossimi anni. Pensate che il matchmaking è affinato a tal punto che difficilmente incontrerete giocatori fuori dalla vostra portata e per iniziare c’è una mini league di 50 partite con impostazioni userfriendly proprio per imparare a muoversi. Non c’è fine al ben di mamma Blizzard. Dopo la campagna in singolo ci si può dilettare nelle Sfide, stage preconfezionati dove vengono messe alla prova le proprie skill in determinati scenari. Infine per i veri sfegatati ci sono gli achievements, un pò come su 360 e PS3 (trofei), troviamo obiettivi sbloccabili, sempre a servizio della rigiocabilità e per personalizzare il proprio profilo (e sì, fare anche gli sborroni con gli amici), confluito nel nuovo BattleNet, sistema in grado di reggere il colpo (mediamente 1 milione di giocatori online) senza battere ciglio. Concludo con il comparto tecnico, di assoluta eccellenza e sulla quale non serve spendere tanto. Il motore è scalabile a tal punto da girare su un Pentium IV (geffo serie 6600/radeon serie 9800 pro), che comunque non conviene vista la dovizia nei particolari. Musiche magistrali, dove sono stati chiamati gli autori dell’episodio originale per suggellare ancora di più quello che a detta di chiunque è un capolavoro. Dovrei aggiungere altro, mi sembra che sia abbastanza. no? Ah, ci manca solo il ricchissimo sito ufficiale. Dategli un occhio!

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