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You have the Magic!

Pinball Arcade dopo iPhone e Android, plana anche su Xbox (ieri) e settimana prossima su P3 e PSVita. Data da destinarsi per altre piattaforme (3DS, PC, Mac) comunque Farsight cercherà di coprire tutti entro pochi mesi. Che dire? Ce ne sono una vaccata di giochi flipper tematici (anche per PC, Visual Pinball) ma nessuno prima d’ora sfruttava licenze di tavoli esistiti. Mi è venuto un forte stato da eccitamento sessuale. Lo so lo so, basta poco oramai, ma non potevo ignorare quattro colpi grossi da quattro storici costruttori. Al secolo Gottlieb con Black Hole, classe 1981, il primo ad avere un piano al contrario sotto quello principale. Poi Williams con il bellissimo e famoso Tales of Arabian Nights poi sempre dalle mani di John Popadiuk il mio preferito assoluto, Theatre of Magic (da qui l’erezione, ne parlai su queste pagine qualche anno fa) prodotto da Midway-Bally, i miei ricordi da militare. Il nonno della mia ex morosa lo aveva regalato all’oratorio per poi sparire nel nulla. Mi venne un colpo, pur mascherandolo bene. Ora capisco perchè divenne ex. 😀 A dir la verità Theatre se la gioca con Star Trek TNG, flipper che stavo per portare in casa, unico in cui riuscivo a farlo esplodere come un albero di natale ma il Galaxy Class aveva il backbox (quel cassone che si chiude sopra il ripiano) troppo largo e non ci passava per il capostipite della porta. Il quarto è made in Stern, ultimo produttore americano ancora in attività e disegnato da Pat Lowlor, che conoscevo per Funhouse e Addams Family. La simulazione è incredibile come suoni e realtà della pallina. Solo una cosa resta costante dopo tutti questi anni. La sfiga e i corridoi esterni dove puntualmente ci finisce la palla appena prima di beccarsi un Jackpot da scaravoltare la macchina. Un must per gli appassionati e nei mesi a venire arriveranno altri tavoli storici.

Journey recensione

Due pensieri sono assolutamente dovuti a Journey, l’ultima fatica dei That Game Company. Sulla falsariga dei precedenti Flow e Flowers, questa piccola software house ha sempre avuto un approccio diverso al modo di interpretare il medium videoludico ovvero mettere in primo piano lo stimolo emotivo dell’utente finale, principalmente con suoni e colori. Non necessariamente evoluzioni in termini di gameplay e level design. L’originalità ancora esiste nei videogiochi e Journey eleva al massimo questa filosofia. Come dissi nella preview della beta la scorsa estate, cos’è infine? Sperimentazione? Arte? Non saprei. Difatto faccio fatica a contestualizzare la scheda odierna. Abbiamo un canovaccio risibile e criptico, storia introspettiva di un viaggiatore, la sua civiltà e cosa ne è rimasto. Poi si allargherà l’angolo di visione sul senso della vita, la ricerca di una verità. Per chi si lascerà condurre troverà un continuo solleticare di emozioni e stupore di fronte ai paesaggi grazie ad una direzione artistica fuori parametro. Forte di un accompagnamento sonoro sublime quanto nel silenzio, utile per ritrovare se stessi e continuare verso quella montagna luminosa. Oppure semplicemente per rilassarsi dopo il frastuono quotidiano e ritornare in quelle distese. Probabilmente niente di tutto ciò. Ognuno darà la propria interpretazione. Sul versante ludico si salta, si esplora e… basta. Dovremo recuperare qualche glifo per allungare la sciarpa contenente la luce necessaria da impiegare in volo e la pressione di un altro tasto per caricare/richiamare delle creature di stoffa per farci balzare più in alto… Il multiplayer esiste ma è essenziale, della serie tutto d’un tratto un alone bianco a bordo schermo ci dirà che non siamo soli. Mai sapremo il nome del nostro compare almeno fino ai titoli di coda e sarà nostra scelta (così come da parte sua) se dividere o meno il viaggio. Niente messaggi o altro. Solo un tasto per comunicare la nostra gioia nello scoprire la strada, ricaricare a vicenda la sciarpa o segnalare un glifo, perlomeno io l’ho interpretato così. E vi garantisco che in due decadi e mezzo di videogame non mi era mai capitata una intesa così profonda. Credo sia sufficiente. A meno che non abbiate il cuore di marmo o non sappiate cogliere poesia, Journey nelle sue tre ore (cmq rigiocabile almeno per i trofei) sarà irripetibile. Il trasporto in un mondo magico, mistico, unico. Se valutate durata e qualità in base allo speso non vi biasimo. Ma perdereste qualcosa in grado, forse, di migliorare voi stessi.

Mass Effect 3 countdown & demo

Uno dei superbotti per questo primo quarto d’anno è senza ombra di dubbio la chiusa di un’altra trilogia, quella di Mass Effect. Action RPG (rpg ma dove?) futuristico curato ed enorme, con una trama avvincente che pesca a piene mani nel genere con citazioni e rimandi, trova infine un suo epilogo. Andato in gold l’altro giorno (vuol dire mandato in stampa), arriverà il prossimo 9 Marzo per Xbox e per la prima volta contemporanea con Ps3. Se qualcuno si chiede come abbiano fatto quei coglioni di Microsoft a farsi fottere una delle esclusive più pesanti della gen attuale, beh è Microsoft. Cosa aspettarsi? Tornando al gioco sono curiosissimo di vedere che svolte avrà la trama, visto che ho un profilo curato sin dal primo episodio nel lontano 2007 (cinque anni?!?) e quindi trasporterà varie scelte pericolose (anche sentimentali) come strascichi nel terzo capitolo. Oggi è uscito il demo per 360 (cui sopra vedete un video, occhio agli spoiler) e domani arriverà per Ps3. Ovviamente non c’è due senza tre, quindi dovrò farmi Ashley, alla faccia dell’attuale fidanzata ahahah… Certo che nel due non l’ha mica presa bene la storia con Miranda… mah. stè donne.

Lollipop Chainsaw Valentine’s Day Trailer


Come me, credo buona parte di voi in questi giorni sarà stato tempestato da mail, sms pubblicitari, spot alla radio, i banner nelle app del proprio smartphone e negli store digitali con mega offertone, profumazzi, creme e poltiglie varie, sconti e altre amenità. Cenette a lume, regalini, regaloni. Basta, sono spaiato in questo luuuuuuuuuuuuuungo periodo, non compro niente! Per fortuna non tutto il San Valentino viene per nuocere, ci pensa la prossima follia di Suda51 a ricordarci che “Love means knowing when to cut your boyfriend’s head off with a chainsaw”.
Bella lì. Lollipop Chainsaw ha tutte le carte (e Juliet le qualità) per diventare il gioco che non t’aspetti dell’anno!

Soul Calibur V recensione

Soul Calibur IV almeno per me è stato il picchiaduro più sfruttato della gen in corso. Oltre 90 ore sul timer, spolpato lo spolpabile pure sfruttando l’online a cui sono notoriamente refrattario. Insomma ad oggi il disco è fulminato a tal punto che va installato o non si utilizza. E non vi sono graffi. Misteri? Orbene con il quinto, come volete mi sia comportato? Caricatissimo in parte dalle varie preview e video, gasato dalla rottura del Day One di un paio di giorni in barba a chi aspetta, con tanto di codice extra per un personaggio, dentro il disco diretto, neanche lo installo. Voilà. Mi fiondo direttamente in offline, modalità storia che narra gli avvenimenti 17 anni dopo il IV, in particolare sui figli di Sophitia, tali Patroklos e sua sorella Pyrrha. Una porcata fotonica, ma era preventivata. Solo semplici scontri quasi sempre con il Patroclone e il destino che si intreccia tra Soul Calibur e ovviamente l’antagonista Edge, con una trama telefonata ancora prima di partire. Vabbè. Dura a malapena 3 ore e mezza, buoni gli intermezzi disegnati, ancora meglio quelli ingame con il motore grafico bello pulito, migliorato tra arene mozzafiato ed animazioni, inchiodato a 60fps. Ok, comincio ad affrontare la modalità Arcade. Le novità sono molte, ma oserei dire che non si parla di novità quanto di riprogettazione del Combat System, allineato con le produzioni odierne e di fatto tecnico e profondo, eliminazione della barra dell’anima con una “gauge” che si ricarica per poi utilizzarne il contenuto per scartavetrare mosse e soprattutto in fase difensiva. Lasciamo perdere tecnicismi quali Quick Step, Just Guard e un nuovo Guard impact, di fatto siamo di fronte a un gioco direi diverso. Che sia un bene o un male, preferirei non sbilanciarmi perchè il gusto si intrometterebbe, posso solo rimarcare un ottimo bilanciamento e di fatto un restart delal serie. Però io dico. Se in SFIV abbiamo mezzelune a tutto andare, in BlazBlue vero mostro del genere si diventa cretini ad imparare un solo personaggio, in Soul Calibur si è sempre avuta quella bella sensazione di fare supermale e danni uber power spettacolari premendo i tasti a cavolo, per poi capirci qualcosa e affinare il proprio stile pian piano. Qui no. No. O sai quello che fai. O prendi botte da orbi. E per intenderci non qualche affondo o schianto sui denti, ma vere e proprie combo chilometriche da mandarti a 1/4 di energia. Attenzione, in passato era più o meno la stessa cosa, ma eri costretto ad aggrovigliarti i pollici, possibilmente su un buon fightstick. Adesso reattività e semplicità di esecuzione sono essenziali, così come saper parare al millisecondo o si finisce rullati senza risposta. Vabbè. Lo zampino di Harada (director di Tekken e producer di questo gioco) si vede e non solo perchè lo potremo incontrare come nemico. Mah. Pazienza, si padroneggia. Peccato che credevo di avere un Soul Calibur nel vano della console. C’è ancora una cosa che fa incazzare oltre misura. La totale cassata di una minima narrazione del background dei personaggi (intendo anche un paio di righe) va oltre l’inaccettabile. Chi viene dalla saga, ha sempre potuto apprezzare un minimo di trama derivante dai vari finali con tanto di bel filmatino. Da una parte ne capisco la parziale utilità, completare la modalità arcade decine di volte con i personaggi diversi, poteva sembrare noioso ma almeno si aveva un minimo di motivazione per provare gli altri stili di combattimento. E poi c’è sempre stato negli altri quattro episodi. Toglieremmo le Fatality a un Mortal Kombat? NO. Ecco. Se non è un EPIC FAIL questo ci manca poco. L’offline prosegue con il locale (totale disuso temo), la Battaglia Rapida, una sorta di arena simulata in cui si affrontano personaggi inventati per costumi e nazionalità, quasi da simulare il multy, ripreso pari pari da Broken Destiny su PSP e la chiusa con le Anime Leggendiarie, per veri appassionati della frustrazione visto il livello di difficoltà. Manca sempre un tutorial e anzi quel misero che c’è in fase di training, sfora l’imbarazzo. Tutto qui. Di fattura e cura opposti l’online, vasto, ricco di opzioni e finalmente con un netcode (la qualità di connessione) solido, sebbene il matchmaking risulti ancora lento. Si possono creare room secondo le proprie esigenze, per area geografica macroscopica (Europa, Asia, eccetera) e più definita come le rispettive capitali. Partite classificate tradizionali, del giocatore occasionali fino a 6 persone per stanza e tornei programmati da Namco stessa, replay e blah blah blah. Manca da discutere solo l’editor, in una parola enorme. Eliminazione in toto della minima componente rpgistica, ora gli equipaggiamenti sono tutti uguali e influisce marginalmente solo la statura del proprio alter ego, quindi eviteremo personaggi customizzati tutti uguali e spesso brutti da vedere. In aggiunta alla scelta di una marea di oggetti e tenute, potremmo applicare dei motivi (skin), adesivi (tatuaggi eccetera), articoli strambi (da fiocchi a mazze da baseball) editabili per colore. Possibilità di creare un proprio avatar fotografando la nostra creazione e affibiargli un titolo, copiato pari da Street Fighter IV. Eccellente. Utile fino a mezzogiorno tenere traccia dei progressi di tre avversari (oppure amici), sempre online. Ah la new entry stramba e disallineata dal roster lottatori trova un Ezio Auditore almeno integrato, così come bilanciato assieme al resto della baracca. Peccato per evidenti ricicli, che vedono un cambio generazionale nello specifico ma non nello stile. In pratica avremo una Natsu al posto di Taki, solo fisicamente. Manca… Ah sì, il comparto tecnico. Graficamente una pulizia generale e l’inchiodata a 60 frame solita, ambienti ispirati e talvolta mozzafiato, animazioni sublimi, sempre bei costumi. Certo potevano sbattersi ancora rispetto al precedente come potenza poligonale ma va benissimo. OST invece sottotono e tanto. Poco feeling, mancano i toni epici anche questi distintivi della serie. Per niente memorabile. Riassumendo lo sforzo produttivo è stato mal distribuito. Il confezionare un gioco oramai deve coprire ogni aspetto, ma in una saga affermata si devono ritrovare delle solide certezze che qui sostanzialmente abbiamo smarrito. Passi il gameplay allineato con combo e cavoli vari, l’online perchè la gen consuma e contempla solo quello o sei fuori, ma il single è sempre stato fiore all’occhiello e invece un cazzo di niente. Sembra incompleto e non fosse per il multy, andrà (e ci va) a noia in tempi nulli. Per cui, occhio.

Doxy on Soul Calibur V

Dai ditelo che sono imbarazzante. Ma forse meno di quattro anni fa, dove effettivamente raggiunsi vette improponibili. Fortunatamente (o sfortunatamente dipende) alcuni modelli di viso e caratteristiche fisiche sono rimasti tali e quali, in pratica il corpo del mio alter ego è sempre quello. Ehi ho in scrittura la recensione e la pubblicherò domani. In effetti sono un pò sparito in questi giorni, no? 🙂

Soul Calibur V, pubblicità

Ecco come volevasi dimostrare in Namco non vanno per il sottile quando si tratta di mostrare caratteristiche salienti del gioco, soprattutto di Ivy. E pensare che la volta precedente avevano rimosso questo interessante poster dopo un nutrito mare di critiche a cui è seguito pure una sana goliardata (un fake con ogni probabilità) del pacco di Voldo. Quindi imparata la lezione ecco cosa gira da qualche giorno su vari quotidiani giapponesi. Che idoli!!! Voi se non sapete cosa sia Soul Calibur (per quanto in auge oramai da oltre dieci anni), direste che si tratta di un picchiaduro?

RESIDENT EVIL 6: 20-11-2012

Oramai il brand è andato. L’evoluzione della saga sarà un mezzo clone di Gears of War misto a un Call of Duty qualsiasi. Questo è il mercato. Questo è ciò che fa portare soldi e per non vedersi sfumare delle vendite (più delle critiche che il quinto episodio ha ricevuto), CapCom si regola di conseguenza. Non li biasimo. E chi vorrebbe una gen di console nuova, meglio che si metta comodo. Molto comodo. Non nego che il cambio di direzione intrapreso già da un paio di episodi, mi lascia almeno perplesso, nonostante le varie dichiarazioni che lo mettono come il più ambizioso survival della saga. Comunque da qui l’attesa è un pò lunga, ma il canale ufficiale la sopperirà in parte.

Cave molla il colpo.

Appena comincia a passare la sbornia con DoDonPachi, ecco che Cave ne esce con un annuncio che purtroppo conferma il trend andato altrove del mercato videoludico, che impone scelte necessarie per sopravvivere. Oramai il gamer odierno è una figura completamente diversa da quella della gen scorsa e i soldi non li spende su giochi del genere, che movimentano trentamila copie di media contro dei venti milioni di un call of duty qualsiasi. Ancor più rispetto a due gen fa. Troppo sbattimento, troppa sfida. Sono casualoni imbastarditi da FPS e TPS con il graficone tutti uguali e online, omologati da precise scelte di sviluppo. Quando va bene che non si giochi con un dito su uno smartphone, perchè saranno quelli i veri nemici del prossimo futuro. Non si cerca più l’eleganza e la cura maniacale (negli shmups erano i leader incontrastati, praticamente zero concorrenza a parte Treasure), ma il business, il mass market, l’immediatezza. Studi nipponici delegano lavori a terze parti occidentali, pure con pessimi risultati. Altri si buttano con prodotti social alla Farmville. Così si orienterà Cave, solo l’ultimo caso eclatante. L’essere di nicchia, nei videogiochi al giorno d’oggi, significa essere a rischio di chiusura. Poi vero che non è sempre così, basta vedere ARC System con i vari BlazBlue oppure Atlus con il recente Catherine (700 mila copie solo in USA) e i vari Shin Megami. Ma quanto dureranno? Comunque grazie di tutto, Cave. Ci godremo Akai Katana (nel video qui sopra) previsto tra qualche mese in europa e poi aspetteremo pazienti tempi migliori.