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Se per caso mi capita, dico la mia su videogiochi e film…

Marie Antoinette.

Sofia Coppola parte tre. Torna per la terza volta sul tema della crescita di una donna, non dipende il contesto. Che sia una ottusa famiglia americana o la ricerca di se stessi in una città confusionaria, la regista conferma sempre il suo profondo tratto femminile, elegante e spontaneo. La meticolosa scaletta delle musiche (New Order, Aphex Twin, Cure, Phoenix e ovviamente Air…) sono un marchio di fabbrica consolidato e nonostante una ricostruzione storica convincente (costumi e vabbè, i luoghi non hanno certo bisogno di presentazioni), l’affresco new romantic dipinto ha colori piuttosto sbiaditi. Oppalà. Ero partito bene, vero? Diciamolo subito che non mi ha convinto. Si avvia bene e siamo tutti d’accordo, si rimane stregati dalla meticolosità dei dettagli, si respira la vita di corte. Poi scorre senza ritmo, senza appassionare. Nel voler sottolineare la piattezza della vita aristocratica (non che sia un male) la Coppolina allunga di molto il brodo e cade nel brutto errore di dare troppa importanza al lato “da baracca” dell’Antonietta, sempre dietro a impatoccarsi e a tirar l’alba. Liquidando il resto in poche sequenze da cui però potevamo trarre la figura di Maria: la rivoluzione francese, Von Fersen sminuito a semplice trombatore di passaggio, nessun risalto nemmeno con la Du Barry per mostrare almeno il carattere deciso e orgoglioso della Delfina. Abbiamo perso di vista il personaggio. Ed eccola lì la Dunst, sempre a sorridere allo stesso modo. Azzeccata certo, però sempre uguale… Insomma il tema portante è la ripetività. Grazie anche ai 125 minuti di durata.

Traete le vostre conclusioni.

I Figli degli Uomini.

Tensione. Disagio. Inquietudine. Angoscia. All’uscita della sala il terzo film di Cuaròn riesce a sferrare un colpo allo stomaco con la sua cruda rappresentazione di un mondo sull’orlo del collasso, dove la consapevolezza di non avere più un domani (praticamente non nascono più i bambini, il più giovane ha 18 anni) esplode nell’esasperazione scellerata del lato più torbido della natura umana. Ciò che racconta il regista soffoca lo spettatore: grigio predominante, sporcizia e fango, animali morti, un misto tra civiltà pre-industriale e post-atomico alla Mad Max (forti richiami sopratutto alle macchine tra cui spunta, curiosità, una Multipla). Piani sequenza impressionanti e immagini forti che lasciano poco all’immaginazione. Sullo sfondo di questo inferno un Owen bravissimo nel ruolo di eroe per caso, sfinito, stanco e arido, che viene catapultato nel mezzo di una ribellione. Da ex-attivista quale è stato, ritroverà la forza per continuare a credere in un domani. Violenza e terrore usati per la causa, anarchia e sovversione per riportare la libertà contro un governo ferreo e xenofobo, con chiari riferimenti ai disordini che ogni giorno riempiono giornali e televisione. In mezzo al Caos, la Speranza: una donna incinta di cui non sappiamo nemmeno chi è il padre, una speranza in cui dovremo credere dopo il finale, tra i più azzeccati che mi sia capitato di vedere. I Figli degli Uomini è imperdibile a prescindere dal genere a cui appartiene, una sorta di documentario fantascientifico che vi lascerà molteplici spunti di riflessione. Plauso a Cuaròn e al suo talento.

Unica nota stonata in una perfetta sinfonia è il doppiaggio, sopratutto della protagonista.

Di diritto nella mia personale top 10.

Jamiroquai High Times Singles 1992 – 2006

Sono racchiusi ben 14 anni di successi in questo primo Greatest Hits dei Jamiroquai. Il funkeggiante molleggiato inglese coglie l’occasione per dare alle stampe una gustosa quanto imperdibile selection che non risparmia nulla, tutti i singoli estratti nei quattro album da studio e due inediti, Runaway oramai in heavy rotation sulle radio e come sempre ai vertici alti delle classifiche più Radio, che probabilmente percorrerà lo stesso iter.
Esce in tre edizioni, la prima single disc mentre la seconda doppio disco con i remix. Nel dettaglio spuntano deejay eccellenti (o meglio soliti) come i M.A.W., Bob Sinclar e Dave Morales. Chiude la versione in DVD con i videoclip. Per il resto Jay Kay non ha bisogno di presentazioni. Alzate il volume.

Tracklist:

Disc: 1 
1. When You Gonna Learn 
2. Too Young To Die 
3. Blow Your Mind 
4. Emergency On Planet Earth 
5. Space Cowboy 
6. Virtual Insanity 
7. Cosmic Girl 
8. Alright 
9. High Times 
10. Deeper Underground 
11. Canned Heat 
12. Little L 
13. Love Foolosophy 
14. Corner Of The Earth 
15. Feels Just Like It Should 
16. 7 Days In Sunny June 
17. Don’t Give Hate A Chance 
18. Runaway 
19. Radio 
Disc: 2 
1. Emergency On Planet Earth (Masters At Work Remix)
2. Space Cowboy (David Morale Remix)
3. Love Foolosophy (Knee Deep Remix)
4. Little L (Bob Sinclar RemiX)
5. Cosmic Girl (Tom Belton Remix)
6. Dynamite (Restless Souls Remix)
7. 7 Days In Sunny June (Ashley Beedle Heavy Disco Vocal Remix)
8. Virtual Insanity  (Saleem Remi Remix)
9. You Give Me Something  (Blacksmith R&B Remix)
10. Supersonic  (Restless Souls Remix)

DvD Tracklist:

Emergency On Planet Earth:

1. When You Gonna Learn
2. Too Young To Die
3. Blow your mind
4. Emergency On Planet Earth
5. If I Like It I Do It

The Return Of The Space Cowboy:

6. Space Cowboy
7. Half The Man
8. Light Years
9. Stillness In Time

Travelling Without Moving:

10. Virtual Insanity
11. Cosmic Girl
12. Alright
13. High Times

Synkronized:

14. Deeper underground
15. Canned Heat
16. Supersonic
17. King For A Day

A Funk Odyssey:

18. Black Capricorn
19. Little L
20. You Give Me Something
21. Love Foolosophy
22. Corner Of The earth

Dynamite:

23. Feels Just Like It Should
24. 7 Days In Sunny June
25. (Don’t) Give Hate A Chance

Martin Scorsese’s The Departed

 

Quando la gente in sala ride durante quella che dovrebbe essere la scena più drammatica del film, c’è qualcosa che non funziona. Ecco in sostanza Departed, remake di un film asiatico di grande successo (Infernal Affairs), personalmente altro filmaccio sparato in questa stagione e forzatamente elogiato dalla critica. Perchè? Il film è scomposto e disomogeneo nella prima parte come se fosse stato montato in fretta e furia per poi assestarsi. Fortunatamente e a giusto merito viene fuori la caratura stilistica del regista che tiene incollati nonostante la lunga distanza (oltre 2 ore complessive) e una sceneggiatura piuttosto atipica. Di ciò non si discute, Scorsese mica è un novellino, nè? C’è però un dettaglio, il piccolo cedimento e conseguente frana di tutti i buoni propositi: il finale. Sarà che mi ha beccato male, sarà perchè Martin mi sembra tanto sopravvalutato, ma francamente ho visto la sua totale incapacità nel venirne fuori, una confezione debole (o riprende, non ho visto l’originale) con bagno di sangue assolutamente patetico, ridicolo, inutile e sbrigativo. Departed ne esce così malconcio, proprio sul più bello. Liberi di discutere per carità, ma a tutto c’è limite. Se lo vedete, fatemi sapere che ne parliamo. Peccato. Penoso il resto. Di Caprio monoespressivo e banale così come la controparte Damon, direi che si commentano da soli, mentre si salva (e alla grande) un superbo Nicholson, tagliatissimo per il ruolo e inossidabile, su alti livelli come non lo si vedeva da tempo. Oltre alla regia è il secondo motivo per cui vale la pena una visione. Se proprio non avete altro in programma…

Oliver Stone’s World Trade Center

Ridicole le visioni new age e kitsch del Cristo, ci mancava solo il Rambo invasato soccorritore. Il peggio del peggior Stone qui addirittura si reinventa e si amplifica nell’elogio del noioso, ripetitivo e patriotticamente forzato. Dopo un inizio terribilmente realistico ed inesorabile, il film impasta e affoga nella banalità a tal punto che guardi l’orologio e ti chiedi: ma quanto “cazzo” dura? La fine è un miraggio ma all’arrivo, grande liberazione. Sempre storie di flashback che oramai sanno di naftalina, peccato perchè il tema è serio ed importante ma la trama si dilunga troppo sui due protagonisti… Il problema è di fondo. Si fosse puntato l’obiettivo in generale, chessò magari sui tanti soccorritori e volontari, con questo stile sarebbe finito tra i 200 documentari e memorial che tanto sono passati nel piccolo schermo, con il merito di una mega produzione hollywoodiana. Superfluo e poco originale, nonostante il dramma poteva dar luogo a storie di vita ben più profonde e toccanti. Si salva lo score, guardacaso di Armstrong… Bròt bròt, mama mia ke bròt film… Il peggiore in questo 2006. E prepariamoci perchè arriverà pure un simil seguito con tanto di caccia a Bin Laden…  

FUR – Ritratto immaginario di Diane Arbus

 

Incompleto. Qualcosa manca alla fine della visione di un film altamente godibile e tranquillamente inventato per via dei limiti imposti dalla Fondazione Arbus. Tralasciando una impareggiabile Kidman (benchè Shainberg non è certo Kubrick) e un Downey Jr. magistrale per interpretare il suo personaggio con il solo sguardo (difatti è meno convincente a “nudo”), FUR sembra la rivisitazione de La Bella e la Bestia nella scoperta reciproca e fusione affettiva tra i due protagonisti. E’ la misteriosa Bestia a sbloccare e a far prendere coscienza delle potenzialità artistische della Arbus, agli inizi soffocata nella borghesia di donna di famiglia, ripetitiva e forzatamente perfetta. E qui si casca, se vogliamo, nel più banale dei clichè narrativi ma non per incapacità registica dell’autore di Secretary (e porca menta non me lo ricordavo mica, ma infatti c’erano così tante assonanze…), seducente e raffinato, quanto nell’effettiva robustezza della sceneggiatura. Insomma la moglie insoddisfatta che si riscopre dopo l’incontro con uno sconosciuto, quante volte l’abbiamo visto? E questo ha fatto perdere la figura di Diane, la sua provocazione e i suoi Freaks che diedero tanto scandalo nell’America benpensante di fine anni ’60 ma al tempo stesso in grado di buttar luce su un lato così bizzarro ed emarginato della società. Si è perso di vista l’obiettivo di quello che doveva essere un omaggio a questa artista.

Woody Allen’s Scoop

I film di Woody Allen sono interessanti quando non c’è Woody Allen. Dopo il riuscito Match Point mi chiedo che senso ha guardare un film di Allen con Allen? Oramai nessuno: è sempre la solita pappa dell’omino logorroico ed iper complessato che spara battute cretine e moscie volendole far passare per colte. E la critica si crede intellettuale a dargli ragione. In America è già morto e sepolto mentre noi Europei sempre gli ultimi ad accorgersene. Foderiamoci gli occhi di fronte a due massime esistenzialiste… Mah… Ogni volta che apre bocca si rimane storditi da questo ripetitore: bla bla bla bla bla bla, dopo due minuti ti sono già cascati i coglioni… Poi in mezzo a tutta la comicità forzata qualcosa salta fuori per carità, legge dei numeri e statistica. Passino le citazioni a Bergman (la morte, settimo sigillio) o Hitchcock (alla larga, dato che un assassino lascia così tante tracce da sconfinare nell’inverosimile) ma togliendo Allen non rimane nulla perchè tutto il film è costruito (ovviamente) su Splendini (un mago praticamente fallito, ironicamente autocitazione in stile Hollywood Ending) e di conseguenza la trama è inesistente. A fine visione la Scarlett credevo fosse una comparsa e invece è la protagonista femminile… Tralasciando la scarna parte, lei è più insipida di un secchio di sabbia…

Dai sù, che vi devo dire? De Gustibus… Salviamoci in corner. Se vi piace come cineasta e per la sua comicità a denti stretti dei primi lavori, non dovrebbe dispiacervi questo Scoop. Tutti gli altri lo evitino.

Brian de Palma’s The Black Dahlia.

Ok ok ok, un pò come solito al ritardo ma sono riuscito a vedere l’ultimo del Brian, tiepidamente accolto all’apertura della 63ima di Venezia. Tratto dal romanzo di Ellroy, la trasposizione vanta un finale rielaborato e 120 minuti di pura citazione appassionata della filmografia noir. Per cominciare plauso all’elegante bravura tecnica del regista (ci mancherebbe altro) e raffinata fotografia, merito di una Los Angeles fine anni ’40 ricreata ad hoc e colonna sonora a tema. Come dire all’atto pratico non si discute. TBD però mi ha convinto a metà. Il dualismo tra l’altro è tema ricorrente del film (il corpo in due, Fuoco e Ghiaccio, ambiguità, amore, depravazione…), a parte questo luci e ombre per farla breve. Se de Palma riesce a mantenere il marchio di fabbrica del suo stile, il ritmo della storia non l’ho trovato costante, a tratti la sceneggiatura sembra smarrirsi perchè discretamente ingarbugliata e scivola via con troppa celerità nel finale. Non era facile comprimere tutto il romanzo e da quel poco che so ancora più arduo portare su schermo i lavori di Ellroy, eccetto L.A. Confidential (che fa parte di una quadrilogia in cui è dentro anche BD). Recitazione di buon spessore ma ritengo cannata la Swank (Madeleine), ovvero convincente ma fuori luogo e assoldata a mero scopo commerciale. Per quanto riguarda la Scarlett (Kay)? Sempre deliziosa ma comincio a pensare che sia attualmente l’attrice più sopravvalutata di Hollywood… Nulla da dire sul resto del cast, in particolar modo da seguire la carriera di Josh Hartnett (Bucky) seppur Aaron Eckhart (Lee) gli ruba bene la scena. Bravissima Mia nella parte della Dahlia Nera.

Nonostante un parere non proprio entusiasmante, TBD merita la visione. Però dal regista di Scarface e Gli Intoccabili era lecito aspettarsi di più.

Diablo 2 / LoD Trainer Open Character Editor patch 1.11b

 

Beh, l’altro giorno per curiosità mi sono avvicinato al magico mondo del cheating avanzato e brutale di questo gioco. Ho sempre lavorato online proprio perchè si evita il gioco sporco e credo che comunque un minimo di truccaggio casalingo e limitato al proprio PC è utile per capire come muoversi nel motore di questo sempreverde titolo. Oltre a un leggero senso di soddisfazione. Incredibile come però sia impazzito per trovarne uno funzionante, rimane pur sempre un gioco vecchio di 6 anni e ogni tanto viene aggiornato rendendo inutilizzabili i trainer precedenti. Non catalizzando più l’attenzione del pubblico, è normale che poi nessuno si rimbocchi le maniche… Questo programmino per fortuna funziona benissimo e supporta anche il solo gioco liscio da espansioni all’ultima versione, la 1.11b. Lo troverete cliccando qui. Usatelo… Con moderazione!

Noi…

8 Dicembre 2006.

249 euro.

Il futuro del gaming è qui. Riporto solo qualche significativo passo…

“Nintendo ha progettato il telecomando Wii in modo che fosse il dispositivo di gioco più versatile mai creato. In un gioco può essere una spada, in un altro un volante, ma anche una mazza da golf, un pennello, un aereo…”

“La console Wii ti fa sentire meno come un giocatore e più come parte del gioco. Le battaglie con la spada non sono più confinate alla semplice pressione di un pulsante. Grazie all’innovativo telecomando, Nintendo ti permette di prendere parte all’azione. Dimentica i pulsanti: usa il telecomando Wii per colpire la pallina con la mazza da golf o brandire la spada!”

“La console Wii permetterà di scaricare i titoli preferiti dai fan degli ultimi 20 anni della storia di Nintendo, fra cui giochi per Nintendo 64, Super Nintendo Entertainment System (SNES) e persino Nintendo Entertainment System (NES). La Virtual Console proporrà inoltre una selezione di “best of” di titoli Sega Mega Drive e per la console TurboGrafx (un sistema sviluppato congiuntamente da NEC e Hudson). Ospiterà inoltre nuovi giochi di sviluppatori indipendenti e creativi.”

“Accendi la console per giocare e spegnila quando hai finito: le console tradizionali funzionavano così. La console Wii, invece, non dorme mai, neppure quando è spenta: anziché disattivarsi, entra in stand-by (in questa modalità consuma come una piccola lampadina) e resta collegata a Internet. WiiConnect24 distribuisce nuovi contenuti anche quando si sta dormendo o non si è a casa, presentando “nuove esperienze per tutti, ogni giorno e creando le basi per uno stile di vita in cui ogni membro della famiglia possa interagire quotidianamente con la console.”

 

Questo e molto altro è il Wii… Canali interattivi, originalità, wireless, bluetooth, design accattivante e tutto in un case spesso meno di 3 porta DvD… Totale retrocompatibilità con il Cubo e una lineup di 20 titoli all’inizio sono un biglietto da visita che fa ben sperare in un ritorno massiccio del colosso nipponico nell’entertainment casalingo.

WII.

Youtube promo trailer.

Dragon’s Lair HD (PC Edition)

 

Ci siamo. E’ arrivato qualche giorno fa e dopo sessioni a ripetizione possiamo trarre le conclusioni su questa ennesima riedizione del classico arcade del 1983. Salto tranquillamente tutta la storia e il gioco in sè, non credo necessiti presentazioni o discussioni sulla sua giocabilità retrò e limitata, studio animazione di Don Bluth, direzione, spada per proseguire l’animazione rispettando le tempistiche esatte o si perde una vita, il capostipite del genere e il successo planetario che ne seguì e gli innumerevoli cloni. Ci sono milioni di siti da cui trarre informazioni in merito, basta poi il link in calce al post. Per passare all’atto pratico e tecnico del titolo in questione, la Digital Leisure ha sfornato un prodotto eccellente ma un pò scarno. Il package è colorato e robusto ma dentro c’è solo il disco, nemmeno un libretto. Quello che frega però è il risultato finale su PC. Dopo varie versioni orribili su CD, qualche tentativo riuscito su DVD casalingo (piuttosto lento e ingiocabile), stavolta onore al merito per il lavoro svolto.

Inanzitutto veniamo al transfer da laser disc a formato wmv in alte risoluzioni, i colori sono vivi e brillanti e le immagini tutto sommato pulite. La compressione però la si nota ancora presente nella versione extreme, una pasta molto granulare. Per far sì che si raggiunga la più alta base d’utenza, non occorre certo un super pc ninja per giocare al massimo, DL è stato pensato in 3 versioni a loro volta suddivise in 3 formati qualitativi differenti. Nel dettaglio:

L’anamorfico 4:3 è il formato originale del laser disc, il 5:4 per venire incontro alle risoluzioni dei monitor odierni per PC e infine il Widescreen si spiega da solo. Le prime due sacrificano ovviamente porzioni video di materiale originale e vanno di solito in finestra, se messe in fullscreen (tramite tasto F) le immagini verranno inevitabilmente distorte e adattate al vostro schermo. Per le risoluzioni normal, high e extreme da scartare a priori è la normal: compressione troppo presente, sgrani e pixel a manbassa. Passando all’audio è in un 5.1 decisamente farlocco e mera motivazione commerciale, i canali posteriori sono praticamente inesistenti, se non altro la presenza stereo è pulita e distinta tra destro e sinistro. Comunque un ottimo lavoro contando che è sempre roba di oltre vent’anni. Sul mio portatile un core duo a 1.66 con 1 giga di ram e una ge force go 7400 non tentenna la extreme, salvo rarissimi scatti. Quindi fate i vostri conti. D’obbligo è l’installazione su disco per evitare rallentamenti dovuti al lettore DVD, è possibile selezionare cosa installare fino a un massimo di 8 giga ma sarà finirà sempre inevitabilmente nella cartella C:/DLHD.

Veniamo al dunque, com’è l’emulazione? Inanzitutto si inserisce il disco e via. Niente da buttare sul pc, nemmeno il programma, salvo quanto detto prima e che consiglio. E’ praticamente identico in tutto e per tutto, i punteggi, la sequenza delle room e anche gli errori della testina che saltuariamente legge alcuni frame è stata replicata ad hoc. Ovviamente non si blocca 😉 come capitava, comunque la Digital Leisure ha introdotto la versione originale USA e la Home con due livelli di difficoltà: Easy che elimina le mosse accidentali che uccidono Dirk ed è più permissiva sui ritardi mentre la Hard mantiene la stuttura dei tempi e la death structure pressocchè identica al cabinato Arcade (la stanza dello Smithee capovolta è lampante).

 

Interessante sarà per gli afecionados la versione Home che introduce le sequenze eliminate nella prima release ma presente su laser disc come il Drawbridge, l’ingresso al castello e molte altre, nonchè alcune mosse differenti e altre permesse. A parte la possibilità di vedere il gioco comodamente seduti tutto d’un fiato, morti comprese oppure le singole stanze. Introdotto pure un cheat se non ci saltate fuori nella stanza dei Soccer Boopers. Chicche: premere P e va anche in pausa e una volta messo su disco una delle configurazioni non serve nemmeno il DVD. Al di là del package scarno, qualche extra magari sulla realizzazione non avrebbe guastato… L’unico vero peccato.

Gli appassionati come me possono comprarlo senza pensarci molto: tra spedizioni, VAT e cambio favorevole non andrete oltre i 50 euro, in meno di due settimane vi arriva. Per gli altri è solo un tuffo nel passato, ma non credo alle generazioni odierne diverta premere i direzionali e la spada a tempo. A me dopo quella volta in sala giochi a Cattolica mi ha rapito per sempre a soli 6 anni: magico, mistico ed evocativo. All’epoca bastava poco per far lavorare la fantasia. In lavorazione con la stessa modalità in HD il seguito del 1993 e Space Ace, gli altri due classici sempre dello studio di Bluth.

Trailer in HD

Dragon’s Lair Project per la lista mosse, easter egg, curiosità, note di produzione e clip video/audio non solo su DL ma tutti i laser game (così definito il genere) esistenti.

Kyashan: La Rinascita

Casshern, di Kiriya Kazuaki, pruduzione nipponica del 2004 è finalmente arrivato a noi. Tratto da un anime del 1973 che fece capolino in Rai decenni fa con il nome di Kyashan il Ragazzo Androide (tit. originale Shinzô ningen Kyashân), si perse nei meandri del collettivo, per colpa dell’arrivo di molti progetti simili all’epoca (uomini/robot/super eroi) e perchè si trattò in definitiva dello speculare Hurricane Polimar, sempre creato dallo stesso studio d’animazione fondato da Tatsuo Yoshida (Judo Boy e Superauto Mach 5). Kyashan è più di una trasposizione, quanto rivisitazione. Poetico, visionario e surreale come impatto emotivo, i temi portanti della serie sono stati ripresi e allargati: il male non è solo nei cattivi generati per l’ipocrisia del professor Azuma che per debellare epidemie globali approfitta del tentativo di recuperare la moglie morente, quanto si annida anche dall’altra parte della barricata. Guerra, distruzione e il diritto di essere giustizieri ed epuratori di una razza erroneamente creata. Progresso teconologico e clonazione, vengono posti molti interrogativi etico/morali. Tanta carne sul fuoco però si paga. La sceneggiatura si dipana lentamente senza risparmiare momenti oscuri e lo stile nipponico di fa sentire: 140 minuti non aiutano a cui aggiungere un ritmo abbastanza altanelante tra troppa azione e monologhi pesanti (veramente filosofici). Forti richiami al cinema occidentale (spruzzata di tarantino per esempio e mi è sembrato di rivedere V per Vendetta nelle location) viene da chiedersi come hanno fatto a fare tutto con 5 milioni di euro. OST evocativa seppur invadente, a tratti sembra coprire i dialoghi. La fotografia è arte allo stato puro, claustrofobica, disturbante ed esasperata nel digitale, con contrasti cromatici assolutamente da vero brivido! Ricalca l’epressionismo di Lang (Metropolis), il cyberpunk urbano di Scott (Blade Runner) per arrivare fino all’avanguardia di Otomo (Akira).
Non è per tutti.

Dimenticavo, non aspettatevi il cane Flender e il Cigno (che poi è la madre di Tetsuya), ridotti a comparse per esigenze narrative. A onor del vero è stato riadattato molto e si intravede poco dell’anime originale. I fan più accaniti non lo perdoneranno!