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Saint Seiya: Chapter Elysion alla conclusione.


La Cuspide Scarlatta, in giapponese Sukaretto Nidoru!

Cari lettori vi tiro una Cuspide Scarlatta in quanto sono in pieno periodo Cavalieri Zodiaco, periodo che ciclicamente torna per rinfrescare le grandi occasioni. Già, tra circa 3 settimane verranno trasmesse in giappone le ultime due puntate che chiudono i conti con Hades e il capitolo dell’Elisio, ultima serie animata ad episodi in ordine cronologico. Tralasciando il vergognoso rilascio dei 31 OAV spalmati in 6 anni (avete letto bene, SEI ANNI), si conferma la trasmissione in italiano questo autunno con tutto il cast storico (a parte chi ci ha lasciato a miglior vita) e l’adattamento poetico e caratterizzato che ne ha decretato il successo (e un pò l’invidia da parte di mezzo mondo), visto che Ivo de Palma (Pegasus) è il direttore artistico. Insomma curiosità a parte comincia il countdown e il macinare le serie per arrivare pronti al gran finale (che è poi lo stesso del fumetto, ma animato dai, altra cosa…).
Ma sopratutto, chi mi da il seguito del TENKAI HEN??? Ci vogliamo dare una mossa???

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo recensione.

Sono passati 19 (fottutissimi) anni dall’Ultima Crociata e l’eredità che si porta dietro questa serie è da brividi, già solo per essere l’icona d’eccellenza nel cinema d’azione anni ’80. L’hype e le parecchie aspettative per questo ritorno che con un soffio possono trasformarsi in una presa in giro senza precedenti (in particolare al giorno d’oggi) sono palpabili. Non per niente i rinvii e gli scarti di sceneggiature han fatto pensare più degli anni di un inossidabile Ford alle prese con le acrobazie di una volta, ma state tranquilli. Lucas e Spielberg sono maestri indiscussi del puro entertainment (per inciso da loro inventato oltre trent’anni fa), con una storia riuscita e gli attori belli incastrati (persino Shia Le “Buffo”), il gioco è fatto e funziona alla grande come ai bei tempi. Indiana è in gran spolvero, trionfale come la Raiders March di Williams, con l’ironia, le battute memorabili, le situazioni assurde, i doppi giochi, le schifezze insettoidi e i marchingegni mortali sono di nuovo tra noi. Proprio tutto. Dannatamente divertente, scanzonato e spettacolare (grazie alla tecnologia disponibile), lo spirito originale è fortunatamente salvo. E con lui lo sguardo ebete dallo stupore stampati sulla mia faccia resiste più del finale (praticamente telefonato) e del doppiaggio sovietico caricaturale.
Bentornato Dr. “Jonsey”!

NIN: The Slip.

Uscito una decina di giorni fa, tornano alla ribalta i Nine Inch Nails con un inedito album da studio, The Slip. Dopo la parentesi del concept Ghosts I-IV largamente promosso su queste pagine, si torna al sano industrial rock con un “disco” vecchio stampo. The Slip riassume l’essenza dei NIN che si erano ripresi con lo scorso Year Zero (05/2007), accontentando i fan. Spazia nei soliti paesaggi rock elettronici dipinti nel corso della carriera: Discipline, Echoplex, Demon Seed sono marchi di fabbrica inconfondibili, Lights in the Sky il brano ambient. The Four of Us are Dying richiama moltissimo i Depeche Mode. Onestmente mi ha convinto maggiormente The Slip, segno che la band è veramente in forma.

Tracklist:

999,999
1,000,000
letting you
discipline
echoplex
head down
lights in the sky
corona radiata
the four of us are dying
demon seed

Continua la politica della musica distribuita legalmente e gratis. Come per Ghosts ogni archivio è corredato degli artwork originali e crediti, in PDF. Per una versione tradizionale (CD e Vinile) occorrerà aspettare Luglio.

Eccetto lo zip mp3 che con un click si scarica direttamente, gli altri sono un semplice link per torrent (P2P file sharing):

-High-quality MP3 (87 mb), tutto taggato e codificato via LAME. Il formato standard della distribuzione digitale.
-FLAC lossless (259 mb) qualità CD. Come formato non c’è perdita di dati nella compressione.
-FLAC high definition 24/96 (942 mb). Qui occorrono programmi apposta perchè i player soliti non leggono a tale risoluzione, essendo più alta dei comuni CD.
-M4A apple lossless (263 mb) qualità CD riproducibile ovviamente con iTunes.
-WAVE 24/96 (1.5 gb), ovvero 24bit a 96kHz. In pratica la massima risoluzione possibile (il registrato finale che poi viene elaborato a 16 bit/44kHz per finire su CD commerciali). Dovrete essere equipaggiati come uno studio professionale o non noterete la differenza. Solo per audiofili.

Chiudo con la sempre interessante parentesi dei remix. The Slip è DRM free e quindi esistono le singole track rimaneggiabili a piacimento per poi pubblicarle sul sito ufficiale.

NIN: Ghosts I-IV.

E’ uscito un paio di giorni fa l’ultima fatica dei Nine Inch Nails, storica band ambient/industrial/hard rock. Il ritorno di quelli in grande stile come ai tempi di The Fragile, riflette una sorta di concept album nell’ascolto il quale si snoda attraverso 36 brani belli tosti, con un ritorno ispirato alle origini. Non passerà inosservato per le doti espresse (sempre rivolto più al pubblico di affezionati che avvicinarne di nuovo, non mi metto a sciorinare elogi), quanto per la distribuzione. Reznor (il frontman) da sempre non nega lo scontento verso le politiche commerciali delle major atte a preservare i mega interessi perdendo di vista l’anima stessa della musica. Ghosts lo si scarica gratis e per giunta a 320kilo, DRM free ovvero senza limitazioni nella sua fruizione. Chiaramente occorre registrarsi e ci si becca la prima tranche ad ogni modo lo si può acquistare completo pagando 5 (cinque) dollari. Nella pagina dedicata le opzioni sono molteplici, e gli acquisti su classico supporto fisico garantiscono un link monouso per accaparrarsi Ghosts anche in Flac o in Apple (entrambi lossless in qualità massima) nell’attesa che arrivi a casa. Da sbavo l’ultra collector’s edition (addirittura in Blu Ray e vinile, già esaurito garantendo un rientro di 750000 dollari), ma il deluxe set oltre al doppio CD non è male: tenete conto che la libertà sbandierata da anni dai NIN la troviamo al 100%, i brani sono pubblicati con licenza CC quindi riarrangiabili a piacimento. Troverete un data dvd con le singole tracce da buttare dentro i vari software di editing (logic, cubase, ecc) per dare sfogo alla vostra creatività e verrà presto organizzato un contest che raccoglierà i migliori lavori.
La pubblicazione è arrivata un pò a sorpresa vista l’abitudine della band di aggiornare lo stato dei lavori sia che si tratti di musica inedita o tour live. Siamo sinceri non è certamente roba commerciale e per il pubblico di massa, ma sono sicuro pian piano le acque si smuoveranno visto il successo dell’iniziativa.

recensione Autechre – Quaristice


Warp, 2008

La virata dai tempi di Confield (2001) di Sean Booth e Rob Brown provocò molti scompensi nel mondo dell’elettronica e nel cervello di chi l’ascolta. Abituati a Incunabula (1993) o Amber (il mio preferito di sempre, 1994), avevamo perso il filo del discorso. Ma in realtà la sperimentazione si era resa necessaria per evitare il ristagno, la boa delle idee alla deriva. Ecco la direzione tipicamente refrattaria alla sensibilità delle orecchie comuni, culminata con la costruzione per eccellenza di Gantz Graf (2002), fatta di frenetici e quasi “insopportabili” glitch di Draft 7.30 (2003) e i tessuti metallici di Untilted nel 2005. Per carità rimanendo a distanza di quanto estremo possono confezionare i Pan Sonic e la miride di gruppetti cloni del periodo. Ma il duo inglese ha uno stile suo, impronta inconfondibile che rimane inalterata nel tempo e spinta per il futuro. Quaristice non estremizza gli ultimi album ma torna alle origini, il suono diventa al servizio dell’ascolto, al servizio dell’uomo: Altibzz apre così lo scrigno. Più organico e plasmato sul pianeta terra, non in qualche angolo ai confini del buio siderale. Certo troviamo il buzz-noise in Fol3, distorsioni cinetiche (fwzE) ma anche dub progressivo e ascolto in Tankakern, Rale o i riverberoni pulsanti tipici della techno minimale degli anni ’90 (90101-5l-l), i drill Aphexiani (chiaro omaggio con chenc9), insomma son pur sempre gli Autechre. Poliedrico e ricco non mancherà di appassionare chi, in rigoroso silenzio, riuscirà a concedere il tempo che merita ogni disco imperdibile. Nel suo genere, of course… 😉

Tracklist:
01. Altibzz
02. The Plc
03. IO
04. Plyphon
05. Perience
06. SonDEremawe
07. Simmm
08. Paralel Suns
09. Steels
10. Tankakern
11. Rale
12. Fol3
13. fwzE
14. 90101-51-1
15. bnc Castl
16. Theswere
17. WNSN
18. chenc9
19. Notwo
20. Outh9X

Uscita prevista il prossimo 3 Marzo, in CD singolo o doppio limited con versioni inedite dei brani in scaletta. Attualmente è disponibile sono in versione scaricabile tramite lo store della Warp, Bleep e anzi se cliccate qui lo potrete ascoltare tranquillamente in preview.

recensione La città Proibita.


Poster fornito da Yahoo Cinema

Zhang Yimou è il regista cinese tra i più conosciuti dalle nostre parti. A ragione. Onirico e poetico allo stesso tempo era da un pezzo che un film non mi appassionava così bene, merito della fotografia che colora a regola d’arte questo affresco di storia di una dinastia imperiale cinese del decimo secolo. E’ catalogato come action movie e precisamente nel filone dello Wuxiapan (cappa e spada). Più che elogiare i soliti aspetti (ad esempio rappresentazione storica e i soliti tecnici come montaggio, musiche, recitazione e così via) volevo soffermarmi un attimo sull’uso elegante dell’azione, che non invade e non sfora mai nell’eccesso, come se ogni scontro fosse più una danza millenaria, con le sue regole e la sua tradizione. Meno coreogafico di un la tigre e il dragone per dare un termine di paragone, ma di sicuro effetto. In occidente siamo proprio dei fracassoni: azione uguale eplosioni, cazzotti e battute idiote. Mah. La trama non sarà così originale e ricca di suspence ma appassiona quanto basta per farne un film da recuperare, se vi capita.

Superbo.


Gong Li.

Ci arrivo, alla lunga ma ci arrivo sempre questo film è sfuggito dalla lista visioni della scorsa stagione, tipiche pellicole che in zona restano in sala un weekend. Ho da qualche parte i DivX di Hero e la Foresta dei Pugnali Volanti (la città proibite vuole essere la chiusura di questa trilogia), sarà bene che ne recuperi la visione al più presto.

recensione Trattoria del Cacciatore.

Ed allora i Giova Brothers come prassi di ricerca verso nuove mete (ricordate i funghi al passo?) sono andati in avanscoperta tempo fa in questo sperduto anfratto del Reggiano, a circa 7/10km da Viano, in ubicazione Cà Bertacchi a Regnano. Dopo 30 minuti lo si è trovato con agilità. Dicevamo cucina tipica, come tipica la cena a sfondo sociale e Olimpiesco dei partecipanti. Saltata la Polentata in Taverna subito l’escamotage è scattato e mai fu così piacevole. Ovviamente i rimandi gastronomici sono tutti diretti ai nostri connazionali in terra estera (guardacaso inglese) con il Diego che ci chiede un brindisi con del Novello e lo sfottame verso il Ruiz, che suo malgrado carbura a Fish&Chips.
Beh noi qui andiamo a polenta e cinghiale.


Il Malefico si tiene versato.


Foto ricordo… Ci voleva la zampa del maiale, ma è pur sempre un cotechino…

Partiamo carichi con un tris di primi per saggiare la manovalanza della cucina. In ordine lasagnone alla bolognese, un quadratino a testa che sembra un antipasto. Ma la poderosa sfoderata arriva con le pappardelle ai funghi talmente unti che lo Zione impazzisce dalla libidine. Un pò sottotono i tortelloni verdi e zucca, pastosi e si poteva dare di più. Arriviamo al piatto forte, fuori c’è un freddo che pela (residuati venti nordici?) e niente di meglio che una cucina sostanziale e da alto impatto calorico. Occorre lasciarsi consigliare dallo “chef”: cinghiale con polenta e sugo in assaggio (notate in assaggio ma in realtà erano multiple portate mostruose) dal gusto superlativo, polenta un pelo liquida per le nostre abitudini. Sempre in tema di “selvaggia” uno spezzatino di coniglio e cotechino con purè.


Spazzolato quasi tutto. Si sentono i primi lamenti da panza piena…

Purè praticamente da busta ma il cotechino è da oscar, non stopposo, morbido e raffinato. Chiudono dolci casalinghi (torta ricotta e frutti bosco ed altro), caffè e giro di amari. Veloci le portate e forse troppo, una decina di minuti aiuta a digerire meglio. Per il bere leggera nota di demerito al novello, dove se Giova Grande dice che fa cagare perchè sa troppo di mosto, da un consumatore poliglotta :mrgreen: non c’è che da fidarsi. Ottimo il lambruscone Ferrarini. Il tutto a 30 euri scontati a testa, dieci persone. Promosso dunque, un grande plauso agli instacabili Giova Brothers che continuano a trovare perle di culinaria bontà e rutti liberi. Peccato solo per la distanza, ma è un difetto puramente soggettivo.

recensione Tideland.

Dopo i fasti commerciali (in parte soddisfacenti) dei Fratelli Grimm, Gilliam ha confezionato Tideland finendo a elemosinare per le strade di New York nell’intento di raccogliere fondi per via dell’assenza di pubblicità in cui finisce ogni progetto indipendente. Gesto puramente ironico e tagliente critica per il sistema hollywoodiano. Sistema che ha inevitabilmente soffocato il film con meno di ottomila dollari d’incasso ma un bel “chissenefrega” è d’obbligo se troviamo cristallino lo stile dell’ex Monty. Premetto che non mi ha preso, l’ho trovato lungo, attorcigliato su una storia praticamente piatta, senza mordente. Non vi si può disquisire, una fiaba dark in cui una bambina riesce a costruirsi il suo mondo innocente filtrando la realtà che la circonda è un classico del cinema fantastico, vuoi una fiaba lontana dai canoni Burtoniani perchè bella cruda, ma pur sempre povera, come aver lasciato i piedi piantati per terra mentre l’immaginazione andava espansa senza orizzonti e creare un “mondo capovolto”. Di risposta vi sono i marchi di fabbrica del talento visionario di Gilliam, in grado di metabolizzare e amplificare le grottesche bizzarrie dell’universo creato da Mitch Cullin, facendole sue con quel tipico taglio registico: festa di grandangoli, orizzonti che ondeggiano, inquadrature deformi. Uno stile esaltato proprio dalla lontananza ai meccanismi tipici delle grosse produzioni che puntualmente tengono al guinzaglio estro e creatività. Sarebbe da vedere, ma quei meccanismi di cui sopra influenzano fin troppo bene la nostra distribuzione e da sempre esemplare in questi casi, lascia poca scelta se non aspettare il DvD o rivolgersi a qualche espediente. Sempre che non abbiate la fortuna di una sala a poche decine di chilometri.

Hedwig’s Theme

Ecco immaginatevi il mitico tema di Williams e via che si parte… L’Ordine della Fenice è dietro l’angolo e il martello mediatico si insinua in ogni angolo della nostra vita: radio, tv, cinema. Blog? :mrgreen:

Vabbè siamo un pò prevenuti giocando d’anticipo, ma non nego come per me (e non solo) sia il film più atteso della stagione.

recensione ocean’s 13 (thirteen)

Vola e diverte il terzo episodio di questa saga fimata Soderbergh & Co., squadra vincente non si cambia e modus operandi pure. Cast stellare, musica di qualità e ciò che abbiamo già visto in passato: il gruppo capitanato da Danny sempre spaccone e brillante, il colpo impossibile, il cattivone da battere, la bella di turno, dialoghi taglienti e tanta ironia. Ovviamente senza spargimenti di sangue e violenza gratuita ma classe, eleganza e sfacciataggine a volontà. Trama interessante e in grado di mantenere il ritmo sempre alto anche di fronte ad elementi di secondo piano che anzi ben si incastrano nel filone principale. La regia è come sempre al servizio del pubblico e dimostra ancora una volta l’incredibile versatilità di Soderbergh in grado di destreggiarsi tra cinema indipendente e il blockbuster hollywoodiano.

Il risultato finale è irresistibile e per la sua lineare semplicità arriva ad esser più gradevole del predecessore. Non aspettatevi grandi sorprese nel finale ma di sicuro queste due ore regalano una piacevole visione. Da vedere!

grindhouse: fake trailers

Ullallà, per la gioia di grandi e piccini ecco i finiti trailer di grindhouse grazie a Youtube. Ovviamente la qualità è scarsa (per rendere omaggio ai ’70) e sbilenca perchè cinerip, ma almeno ci si puà consolare con il fatto che sono qui e il rischio di non vederli da noi nemmeno in DVD è bello ampio. Anche se a detta di Roth la realizzazione di un intero film fatto solo di questi miniclip non è poi così remota. Incastrati dentro Grindhouse (in intermezzo tra Planet Terror e Death Proof) comunque si vede il progetto nella sua forma originale: oltre ad essere ben realizzati sono splatter, esagerati e divertenti, centrando in pieno lo spirito di quelle sale che oramai sono un lontano ricordo.

Monty Python’s Flying Circus complete series…

Che dire se non cominciare a cannibalizzare i Python nel loro brodo primordiale del Flying Circus, ovvero le 4 season televisive della BBC? Il cofanetto è costato 13 euro e con 7 DVD dentro. Non potevo resistere, in effetti a quella cifra l’originale si compra tranquillamente, benchè l’edizione qualitativamente sia da rogo pubblico. Video sgranulato in 1.33:1 (addio 16/9) e con audio in originale, polacco e ungherese in DD mono. Ergo via con sottotitoli, ben curati ad ogni modo.

Vi siete mai chiesti da dove derivi la parola Spam…?

Ma le critiche sono solo qui e in un certo senso fa lo stesso, la difficile arte del far ridere, quel nonsenso ancora oggi funzionale nonostante siano passati oltre trent’anni, è tutta qui. Fateci un pensierino se vi capita a tiro.

La volete proprio sapere la barzelletta più divertente del mondo? Non potrei, morireste dal ridere.

Saluti!

f.to, la voce che senti dentro la tua testa mentre leggi…